L’animale politico: luci ed ombre di una passione

Di Gabriele Meoli

Benché governabili dalla ragione, è noto che gli stati emotivi e passionali dell’uomo sono una risposta alla sua natura capace di dominarlo verso il bene e, più spesso, verso il male.

Infatti, l’amore, l’odio, l’ira, la gioia, l’entusiasmo, la paura, la suggestione, la gelosia, l’invidia, l’ambizione, l’erotismo, l’esaltazione ideologica e tanti altri stati e moti dell’anima, propri del singolo o in lui provocati da stimoli esterni, diventano i fattori del suo modo di vivere, segnandone il comportamento, il carattere e spesso il destino.

E, per chi crede, possono persistere nella “vita oltre la vita”.

E’ così, ad esempio, nella “Divina Commedia”, per la passione amorosa di Paolo e Francesca, che li tiene uniti anche nella loro pena infernale (“Quali colombe dal disio chiamate…”), e per l’odio disperato del conte Ugolino della Gherardesca che continua ad essere oppresso mentre rode il cranio del suo traditore (“La bocca sollevò dal fiero pasto….”) e per la passione politica che persiste in Farinata degli Uberti nel dibattere con Dante della loro Firenze (“O Tosco che per la città del foco….”).

Invero la passione politica è propria dell’uomo, che, secondo Aristotile, è appunto un animale politico (ζωον πολιτικον) cioè socievole, atteso che “fuori della Società può esistere solo la belva o il Dio”, mentre lo Stato rappresenta per l’uomo la condizione di vita e di attività degli individui che lo compongono.

Questa sua passione, normalmente, è lodevole interessamento e cura delle esigenze della collettività in cui si vive; ma può anche pericolosamente degenerare, se non è saggiamente governata, da monarchia in tirannide, da aristocrazia in oligarchia e da moderna democrazia in demagogia, come quel grande filosofo ha pure ammonito.

La “mala politica”, infatti, regala l’insofferenza tra i concittadini o tra classi dai divergenti interessi e persino l’odio alimentato dalla esaltazione delle proprie convinzioni e che può portare addirittura in sanguinose sopraffazioni e vendette, capaci di coinvolgere anche le masse.

In circostanze siffatte, il politico, ossessionato dall’idolatria per le sue ideologie, finirà rovinosamente per agire con l’erronea convinzione di essere legittimato al compimento anche di tutto il male che, poi, nella sua autosuggestione, realizzerà credendolo giusto.

La storia di tutti i tempi ce ne offre eloquente conferma.

E così, con torture, deportazioni, esecuzioni capitali rivoluzionarie, conflitti armati, depredazioni, conquiste di mezzo mondo e con altre simili atrocità, nell’animale politico può anche risvegliarsi inaspettatamente la belva in lui dormiente.

Ognuno già sa ciò o può constatarlo nella comune esperienza di vita dei popoli.

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