CONSIGLIO AI PD IRPINI: SEI MESI DI VOLONTARIATO NEGLI OSPEDALI, ALTRO CHE CONGRESSO PROVINCIALE!

Chi mi onora della propria attenzione avrà notato che da un bel po’ di tempo mi astengo dal commentare la politica irpina. E il motivo è presto detto. Si commentano i fatti che la politica produce: qui siamo di fronte al nulla assoluto. Finita la campagna elettorale delle regionali – anch’essa, invero, molto sciatta, niente ragionamenti, men che meno fantasia – si è tornati alle copie conformi del già detto, ad un avvilente “dejà vu”. Pensate che perfino l’altra parte professionale di me, Mila Martinetti, ha cominciato a dedicare le sue Siringhe a fatti e protagonisti della vita pubblica nazionale, non trovando più in quelli locali lo spunto per riderci su: fantasmi senz’arte né parte, l’esatto opposto di ciò che serve per ispirare la satira.

Le vicende del Partito Democratico irpino possono essere assunte a paradigma del nulla politico provinciale. E nessuno s’illuda che quello campano rappresenti un approdo per la speranza, non si sa mai. Peggio che cantar di notte: ha un segretario “per modo di dire”, tal Leo Annunziata, professore di Filosofia, che deve aver frainteso o, peggio, esasperato un aforisma assai profondo del “suo” maestro Voltaire: “Bisogna essere dei grandi ignoranti per rispondere a tutto ciò che ci viene chiesto”. In effetti, ad Annunziata, da quando è segretario, è stata chiesta una cosa soltanto, anche molto semplice: “Chi è il segretario regionale del Partito Democratico?”. Non ha mai risposto. O forse, in costanza di severa autocritica, l’ha fatto con l’eloquenza del silenzio: “Il segretario regionale del Pd? Semplicemente non esiste!”.

Dicevamo dei democratici irpini, nel senso della classe dirigente dem: in verità, potenziale classe dirigente, visto che barbariche lotte interne hanno prima provocato il commissario e tuttora l’incapacità di liberarsene. Ci chiedete: perché incapaci di darsi gli organismi statutari ben già da un anno e mezzo? Semplice. Ve lo raccontiamo in breve con le parole della prostituta alla quale un tipo chiese perché mai, con il caldo insopportabile d’una sera d’agosto, se ne stesse ad attendere i clienti sul ciglio della strada davanti ad un fuoco fiammeggiante: “Perché – lei disse – ci sta sempre chi la vuole cotta e chi la preferisce cruda!”.

I democratici irpini (potenziale classe dirigente) sono lontani anni luce dalla saggezza di quella “benefattrice”. Non ci crederete, ma sono talmente fuori dal mondo da essersi convinti – forse unici in Italia – che di questi tempi al centro del mondo non ci sia una cosina chiamata pandemia, ma il Pd, il loro Pd irpino, Irpinia Caput Mundi. Ne sono convinti al punto che il commissario della Federazione – persona intelligente e perbene, ma strana assai – ha annunciato il congresso provinciale per il 28 febbraio: manco a dirlo, pochi giorni dopo che la Scienza ufficiale ha dato per certo, più o meno per quel mese, il picco della terza ondata Covid. Quando si dice la Buona Politica sintonizzata con la realtà.

Un congresso di questi tempi, poi, per far cosa? Mica per tirarsi su le maniche e dare una mano – mano materiale, non chiacchiere – a una provincia in ginocchio, sotto il peso del Covid aggravato da mali antichi dei quali la politica irpina degli ultimi trent’anni ha gravissime responsabilità. Di più: un congresso, qui e subito, mica per riscoprire il senso della solidarietà politica, almeno all’interno dello stesso partito, per tradurla in progetti e azioni destinati al bene comune. Magari fosse questo l’oggetto dell’estemporanea fretta di celebrar congressi quando abbiamo gli ospedali pieni, morti a volontà, contagi in aumento, attività produttive e sociali in gran parte sospese, scuola in bilico, sempre più poveri e chi più ne ha ne metta.

Niente di tutto questo. Piuttosto, un congresso per contarsi, per affermare supremazie individuali, per continuare nel gioco perverso del potere fine a stesso, per perpetuare guerre tribali con l’esibizione di tessere e numeri, mai del Pensiero Politico. Tutto ciò, in tempo di Covid, non è soltanto inopportuno: è una pratica indecente.

Invero ci sarebbe un modo per avviare la ricostruzione della Buona Politica, anche a prescindere dalla oggettiva mediocrità – per quanto hanno sin qui dimostrato – di protagonisti e comparse del Pd irpino. Una volta – quando la Politica, con tutti i difetti e limiti di chi la esercitava, era una cosa seria – anche per darne l’immagine plastica della “Meditazione”, i suoi protagonisti si “ritiravano in conclave” e lì discutevano per giornate intere e si schiarivano le idee sui temi più impegnativi del Paese. Oggi sarebbe troppo chiedere un sacrificio del genere a chi ragiona di politica scrivendo tweet. Un esercizio, però, potrebbe essere di grande utilità sociale e, insieme, di buona grammatica della rappresentanza. Lo consigliamo ai dirigenti dem irpini –- di prima e seconda e fila – smaniosi di protagonismo congressuale: chiedete ai direttori generali del Moscati e dell’Asl – Pizzuti e Morgante – di poter svolgere sei mesi di volontariato negli ospedali e negli ambulatori dei distretti sanitari. Non è necessario che siate medici o infermieri: anche soltanto da inservienti, l’esercizio vi sarà utile per tornare con i piedi sulla terra, per toccare con mano la realtà che avete smarrito. Soltanto dopo potete farvi il vostro bel congresso: ci arriverete, senza sforzi, con le idee più chiare. E, soprattutto, con la necessaria carica umana che purtroppo, strada facendo, avete perso.

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