Sidigas, concussione e peculato: indagati dalla procura di Roma Baldassarre e Scalella

Nuovo colpo di scena nella vicenda Sidigas. Indagati dalla procura di Roma il custode giudiziario Francesco Baldassarre e l'amministratore Dario Scalella. Concussione, peculato e abuso d'ufficio le ipotesi di reato contestate. Tutto è nato da una circostanziata denuncia di De Cesare presentata però a Napoli: ma dell'inchiesta se ne sono incaricati i magistrati romani

Inchiesta Sidigas, la procura di Roma indaga sul custode giudiziario, nominato dalla procura di Avellino, Francesco Baldassarre e l’amministratore della società Dario Scalella e amplia le orme sul loro operato.

Gravi le ipotesi di reato contestate: per Baldassarre l’accusa è di concussione reiterata, peculato e abuso d’ufficio in concorso; peculato e abuso d’ufficio in concorso i reati ipotizzati per Dario Scalella.

L’utilizzo improprio dei fondi Sidigas, attraverso l’auto-assegnazione di stipendi e benefit ritenuti onerosi e ben oltre i prezzi di mercato, così come le consulenze esterne di cui si sono avvalsi, e la malagestio di un’azienda che avrebbero dovuto custodire e non smantellare le accuse alla base delle ipotesi di reato contestate; con l’aggravante per Baldassarre di avere disatteso il suo ruolo di garante, favorendo invece, secondo l’accusa, le condotte illecite del nuovo Cda da lui nominato e traendo lui stesso profitto sfruttando la sua posizione.

L’inchiesta è condotta dal pubblico ministero del tribunale di Roma Luigia Spinelli, le indagini sono partite a seguito della denuncia presentata dal patron di Sidigas Gianandrea De Cesare (presentata però a Napoli), che ha messo in fila tutta una serie di contestazioni di illeciti, a suo dire, compiuti da Baldassarre e Scalella da quando sono stati nominati alla guida della società come conseguenza del maxi-sequestro, disposto dalla procura avellinese a luglio del 2019, di 97 milioni di euro sui beni e il patrimonio della società partenopea di distribuzione di gas naturale.

La denuncia penale viaggia in parallelo con l’altro esposto, di carattere economico-fiscale, che lo stesso De Cesare ha presentato presso il Tribunale delle Imprese di Napoli, dove sempre Scalella e Baldassarre sono stati citati a giudizio per gravi irregolarità di gestione. Il 10 febbraio si terrà la prima udienza a Napoli, ed è proprio nella presentazione della documentazione a loro difesa che emerge la notizia dell’inchiesta della procura di Roma: Baldassarre e Scalella hanno infatti allegato i loro 335 (la richiesta in tribunale su eventuali iscrizioni nel registro degli indagati) sui carichi penali pendenti, da cui cui sono venuti a scoprire le indagini nei loro confronti.

Scalella e Baldassarre avevano richiesto, attraverso il loro comune avvocato Francesca Paola Rinaldi, una verifica sui carichi pendenti verso la fine dello scorso anno, quando appunto arrivò la notizia della citazione a giudizio al Tribunale delle Imprese: i reati contabili contestati presupponevano anche una possibile denuncia penale, e così è stato.

Sia il magistrato del tribunale di Napoli Adriano Del Bene che il procuratore di Roma Luigia Spinelli hanno dunque per ora ravvisato fondatezza nelle denunce di De Cesare anche se le accuse rimangono tutte da dimostrare. Lo sviluppo delle indagini dirà se davvero siano stati compiuti o meno reati di tipo penale, mentre dal 10 febbraio Del Bene aprirà il dibattimento che potrebbe portare alla revoca di Scalella e Baldassarre nel caso in cui vengano accertate le grave irregolarità di gestione contestate.

Nel frattempo gli avvocati di De Cesare, dopo la pronuncia della Cassazione, stanno preparando il ricorso al Riesame contro il sequestro dei 97 milioni di euro: l’obiettivo è ridimensionare la cifra a soli 8 milioni, come stabilì in un primo momento il gip del tribunale di Avellino Marcello Rotondi, soldi che sarebbero il frutto del reato di evasione d’Iva: nel caso, potrebbe venire meno la necessità della figura del custode giudiziario e dunque la società potrebbe ritornare tra le mani di De Cesare. Il giudizio è atteso entro trenta giorni dalla pubblicazione della sentenza delle motivazioni della Cassazione, avvenuta la scorsa settimana.

I commenti sono chiusi.