Basta show, serve la politica

Abbiamo consapevolezza e coscienza che è decisamente rischioso scrivere di politica regionale e provinciale con la Campania in Zona Rossa (ma sarebbe uguale se fosse in Arancione) e mentre il Covid continua a mietere vittime, i contagi non accennano a diminuire e si registrano segnali sempre più evidenti che le tensioni sociali possano esplodere da un momento all’altro.
Tuttavia, azzardiamo. È addirittura doveroso azzardare. Perché sono altrettanto evidenti i segnali – in provincia di Avellino e nelle altre aree della Campania – che una politica locale anestetizzata, come oggi appare, può diventare un altro pericolosissimo Virus ora che i tempi stringono per avviare in concreto la partita del Recovery Plan: ossia dell’altra immane battaglia che siamo chiamati a combattere per affrontare e superare la Grande Crisi economica e sociale in cui il Covid ci ha fatto precipitare.
Qualcuno può ragionevolmente immaginare che questa guerra sia più agevole da vincere, rispetto a quella dell’emergenza sanitaria, senza l’arma affilata e intelligentemente ben usata della Politica così come l’avete appena letta, cioè con la P maiuscola? Non pensiamolo nemmeno per accidentale distrazione.
Per stare in gioco, nella partita del Recovery Plan, è indispensabile la sussistenza di almeno due condizioni: la Forza del Pensiero e il corretto Protagonismo Istituzionale. Sia la prima che la seconda sono condizioni distintive della Politica. È a questo che essa serve: a definire, pensando, gli scenari capaci di creare sviluppo; e a spingere nella direzione giusta l’azione istituzionale.

La domanda, a questo punto, nasce spontanea: come siamo messi con la Politica in Campania e, per quanto più direttamente ci riguarda, in Irpinia? Crediamo di non allontanarci troppo dalla realtà rispondendo che stiamo come peggio non si potrebbe. Attenzione, però: il problema non è che manchino belle Intelligenze politiche in grado, e tanto più, di Pensare in Grande. Tutt’altro. Probabilmente ce ne sono anche in abbondanza. Il fatto, come direbbe Pappagone, è che sono “sparpagliate”: ogni bella Intelligenza politica pensa “per” fatti suoi. Oppure, e peggio, “ai” fatti suoi. E la cosa che fa più rabbia è che ce ne sono un po’ dovunque nei luoghi e nelle categorie della Campania: in tutte e cinque le province come nei partiti, nelle organizzazioni sociali, nel mondo della cultura, nel governo e nel Consiglio regionale, nelle amministrazioni comunali e via discorrendo.

Ciò che è venuto meno – non solo da queste parti chiaramente – è il “coordinamento” delle Intelligenze politiche. Una volta, questo compito era affidato ai partiti. Il dramma è che oggi i partiti esistono solo formalmente. Sul piano sostanziale è come se non esistessero. Prendete il solo partito rimasto “strutturato”, il Pd. La sua struttura, oggi, è la confusione: non ha un’idea riconoscibile, tanto meno un’identità che possa definirsi tale. E non bisogna sforzarsi tanto per dare corpo ad un’affermazione così netta e grave: quale identità può mai essere riconosciuta ad un partito che nel giro di due anni può stare, indifferentemente, all’opposizione dei suoi più tenaci avversari, poi al governo con uno di questi, quindi ancora al governo con tutti gli avversari, salvo uno ma non certo per scelta del Pd? Ora si spera nel miracolo di Letta, l’auto-esiliato dalla Patria e dalla Politica per un settennato? Auguri di buon lavoro. Non andò meglio a Napoleone, che pure era Napoleone, e che per di più non se n’era andato spontaneamente.

C’erano una volta i partiti, dicevamo, a tenere insieme e beneficamente in riga le belle Intelligenze della Politica. Ora non ci sono più. E magari il Pd e gli altri simboli riuscissero nel prodigio dell’Araba Fenice! Non ci sono i partiti e non possiamo attendere che rinascano dalle proprie ceneri, perché i tempi del Recovery Plan non lo consentono, ragion per cui dobbiamo appigliarci ad altro.
L’altro che resta sono i rappresentanti istituzionali. Nel nostro caso concreto, sono il presidente della Regione, i presidenti delle cinque province campane, i sindaci: se non tutti, questi ultimi, giacché son tanti e sarebbe un bel po’ complicato perfino riunirli, una loro nutrita rappresentanza, magari guidata dai primi cittadini dei capoluoghi.

Presidente della Regione, presidente delle province, sindaci. Per fare cosa? Sostituirsi ai partiti? Ma neanche per sogno: anche perché sarebbe impresa impossibile prendere il posto di qualcuno o qualcosa che (oggi) non esiste. Altro possono e dovrebbero fare i soggetti istituzionali testé elencati. Dovrebbero stimolare la partecipazione delle belle Intelligenze politiche che abbiamo in provincia di Avellino, e più generalmente in Campania, per “Pensare”, “Selezionare” e “Scegliere” insieme il meglio delle Idee sostenibili per presentarsi “Preparati” all’appuntamento con il Presidente del Consiglio Mario Draghi sul tema di cui stiamo scrivendo: il Recovery Plan.
Attenzione: non è fantapolitica, non è un esercizio retorico, non è Utopia. In verità servirebbero eccome, oggi in Politica, dosi abbondanti di fantasia e grandi spinte utopiche. Epperò, lo abbiamo già detto, non abbiamo il tempo necessario, non è questo il momento giusto. Ora dobbiamo accontentarci di fare le cose possibili per evitare il peggio, non andare impreparati all’appuntamento.

Ecco, l’appuntamento. È un fatto reale. Lo ha detto proprio due giorni fa, il Presidente Draghi: ci sarà una forte discontinuità, rispetto al precedente governo, sul Recovery Plan; ci saranno riunioni con i sindaci e con i governatori; sarà gestito insieme a loro il flusso delle risorse. Occhio, però: con Draghi non è discutere con un “Politico” qualsiasi culturalmente educato a dire Sì e poi si vede. Con ogni probabilità, il Politico qualsiasi manco sa fino in fondo, nella specifica materia, di cosa si sta parlando. Discutere con Draghi significa avere profonda cognizione di causa prima di aprir bocca.
E qui la domanda, sostanzialmente modificata, torna: come siamo messi in provincia di Avellino e in Campania con la rappresentanza istituzionale? Crediamo di non allontanarci troppo dalla realtà rispondendo: non male. De Luca è culturalmente, politicamente e amministrativamente molto ben attrezzato. Può fare da guida, ma a condizione che applichi con estremo rigore teoria e pratica dei principi democratici, dei quali è tenace sostenitore ma non sempre generoso distributore.
Il presidente della Provincia di Avellino, Domenico Biancardi, è molto attivo, volenteroso, animato da sincera passione politica, rispettoso dell’istituzione che rappresenta, attento a salvaguardarne l’immagine, anche a costo di rinunciare alla scena quando le circostanze richiedono sobrietà.
Abbiamo di certo un problema di non poco conto con il sindaco del capoluogo irpino: è abituato a confrontarsi soltanto con se stesso, davanti allo specchio. Va bene l’autostima, ma i fatti che produce sul piano amministrativo raccontano storie bizzarre e soprattutto inconcludenti. Sul piano più squisitamente politico non ha lasciato sinora apprezzare Forza di Pensiero. Al cospetto di Draghi non possono bastare i sorrisi: c’è un tempo anche per l’enjoy, la ricreazione; ma ora servono proposte serie per Avellino, limitarsi a dire che si è Re e pure il più bello del Reame può saziare l’Io ma si manda in rovina la città.

Ce l’abbiamo il problema con il sindaco del capoluogo. Ed è un peccato: perché questa potrebbe essere l’occasione buona, invece, per dare sostanza strategica e spessore culturale ad una proposta politica per la città che l’Amministrazione comunale ha sin qui dimostrato di non avere.
Tuttavia, si è ancora in tempo. È sufficiente sostituire la virtualità del gioco degli specchi con la realtà delle belle Intelligenze politiche di cui anche Avellino abbonda. È tanto difficile per questo sindaco compiere un atto di sano altruismo per la comunità che immensamente dice di amare?

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