Delitto del Corso, il Vescovo Aiello chiama la città: «Quel sangue invoca prepotente un’alleanza educativa che veda impegnati tutti»

«Mi importa di te, di voi, del presente, del futuro di questa città. Per questo stasera non mi dimetto». Si chiude così la lettera che il Vescovo di Avellino, Arturo Aiello, ha inviato alla comunità cittadina scossa dal terribile omicidio avvenuto nella notte di venerdì: «La tragedia non riguarda mai un singolo, ma chiama sul palco un intero popolo, il re e i sudditi, i giudici e i colpevoli»

«Mi importa di te, di voi, del presente, del futuro di questa città. Per questo stasera non mi dimetto». Si chiude così la lettera che il Vescovo di Avellino, Arturo Aiello, ha inviato alla comunità cittadina scossa dal terribile omicidio avvenuto nella notte di venerdì, quando Aldo Gioia è finito vittima del folle piano criminale ordito da sua figlia e dal fidanzato, un piano che avrebbe dovuto condurre allo sterminio dell’intera famiglia..

Arturo chiama la città, ponendosi per primo sul banco degli imputati: «Sento che il sangue ha macchiato questa città in tutte le vie, in tutti i palazzi, in tutte le case dove si mangia a tavola e si dorme a letto augurandosi “buonanotte” prima che accada l’irreparabile. Quel sangue mi chiama, ci chiama in giudizio, ci chiede conto con la domanda più antica che la cultura conosca e che pure nasceva all’indomani di un omicidio: “Dov’è Abele, tuo fratello?”»

E la radice della risposta necessaria a cui nessuno può sottrarsi, è lì, in quel che ci ha insegnato la cultura greca:   La tragedia non riguarda mai un singolo, ma chiama sul palco un intero popolo, il re e i sudditi, i giudici e i colpevoli, chi ha tramato a lungo e poi messo in atto il suo piano e chi da un anno non mette il naso fuori di casa e si fa i fatti suoi. In questa comune e corale ammissione di colpa per il sangue sulla città il vescovo non si tiene fuori,  è anche lui al banco degli imputati, con i suoi preti, con la Chiesa di Avellino che egli, indegnamente, rappresenta.

Il sangue sulla città invoca prepotente un’alleanza educativa che veda impegnati tutti, a prescindere dagli schieramenti politici o religiosi, in un’impresa ancora possibile, prima che sia troppo tardi, per un’opera capillare di alfabetizzazione ai sentimenti.

Bussando idealmente alla porta di ogni casa e di ogni istituzione civile e, prendendo a prestito le parole del vangelo, Aiello si presenta è dice “Mi importa di te!”.

Mi importa dei giovani carnefici e della loro vittima, di questa città che nel sogno del Sindaco Di Nunno doveva essere “giardino” ed è diventata giungla, mi importa il disorientamento dei genitori e la loro paura di porre divieti, mi importa il sangue che stasera vedo scorrere, più copioso del Sabato o del Fenestrelle, per le nostre vie, per le nostre vite, mi importa dei bambini con le mani giunte per la Prima Comunione che possono diventare killer mentre noi monitoriamo il Covid in maniera ossessiva e non ci accorgiamo che dilaga silenzioso “il male di vivere”.

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