Se la coppia “2p” Petitto e Petracca…

L’attuale vicenda politica irpina – tra caos congresso Pd e guerra al Comune di Avellino, manco a dirlo sempre a causa del Pd – può meglio prestarsi all’analisi, quindi all’indicazione di sbocchi possibili e utili al bene comune, se inquadrata nella cornice regionale.

Proviamo a farla in rapida sintesi. Le elezioni dello scorso settembre hanno segnato essenzialmente quattro punti: 1) Il consolidamento della leadership di De Luca nell’Istituzione e nel Partito Democratico oltre ogni più ottimistica previsione; 2) Il notevole ridimensionamento del peso politico dei 5 Stelle; 3) la scomparsa politica dei De Mita; 4) Il centrodestra fortemente marginalizzato e ormai presente nel dibattito che conta soltanto se a parlare è la ministra Mara Carfagna. Da questo fronte, peraltro, è inutile attendersi una resurrezione in tempi brevi dall’arrivo del Magistrato – “Nuovo Messia” Catello Maresca: la sua candidatura a sindaco di Napoli, ancorché sostenuta dal centrodestra, per precisa scelta strategica del diretto interessato ha una connotazione squisitamente civica. Significa che, seppure il Piemme dovesse spuntarla, la sua elezione non si tradurrebbe in patrimonio elettorale dei partiti che lo hanno sostenuto.

Insomma, il quadro politico regionale è da settembre scorso il migliore in cui il centrosinistra in generale e il Pd in particolare potessero sperare per svolgere l’azione amministrativa sui territori in condizioni ottimali, ovvero con una opposizione ridotta al lumicino.

Ciò in teoria. Nella quotidiana attività istituzionale – siamo al caso irpino – ci stanno invece pensando le fazioni in guerra perenne del Pd a rovinare la festa. Infatti, l’opposizione naturale del centrodestra e grillina, di per sé debolissima, qui viene sostituita dalle contrapposizioni gravemente frenanti dell’azione istituzionale che si sviluppano all’interno dello stesso Partito Democratico.
Al riguardo, la vicenda di Avellino potrebbe essere assunta a paradigma dell’inconcludenza amministrativa causata dai due Pd di fatto presenti in Consiglio comunale: quello ufficioso e dei civici uscito vincitore dalle urne e che fa capo a Del Basso de Caro, Petitto e Festa; l’altro, perdente ma ufficiale, che si riconosce nelle posizioni vicine al governatore De Luca. Due raggruppamenti di riferimento che fotografano, a parti invertite maggioranza-minoranza, gli attuali equilibri all’interno del partito provinciale.

Sono sotto gli occhi di tutti i risultati deludenti della gestione amministrativa del capoluogo. La parte maggiore di responsabilità non può che essere addebitata ad un sindaco che anacronisticamente ha scelto di vestire i panni del Podestà e che ormai è mal sopportato, seppure sotto traccia, dai suoi stessi compagni di viaggio, sempre più preoccupati che l’iniziale, esaltante avventura possa finire in rovinosa sventura.

Tuttavia, abbondanti responsabilità ce l’hanno anche quelli dell’altro Pd: molte azioni ostruzionistiche – peraltro condotte con una civiltà politica assai discutibile, comunque almeno pari allo stile istituzionale del sindaco – sono dettate, essenzialmente, dalla rabbia per la sconfitta elettorale e dall’appartenenza all’altra corrente di partito. Detta in termini diversi, qui non si scontrano strategie improntate a idee e culture differenti, ma umori: tutto di personale, niente di politico. Con l’aggravante che questi comportamenti vengono avallati, se non proprio ispirati, dai riferimenti politici e istituzionali gerarchicamente superiori, sempre e soltanto ad uso e consumo della corrente di partito.

Attenzione, però: anche se nessuno dei protagonisti “gerarchicamente superiore” potrebbe mai seriamente ambire al ruolo di Statista, non è che manchino persone attrezzate a sufficienza per rappresentare in maniera dignitosa la comunità locale. L’ostacolo, anche per esse, è il clima di tensioni, incomprensioni, egoismi e personalismi nato e sviluppatosi nello scontro politico in sede di partito. Non appaia paradossale, ma l’intero corso dell’attività amministrativa irpina – non solo del comune capoluogo, in sostanza di tutte le altre realtà istituzionali (vedi da ultimo Alto Calore e Asi) – è condizionato dallo scontro nel Partito Democratico tra i deluchiani del De Luca salernitano e i decariani del deputato beneventano.

Tutto deve continuare a scorrere come oggi accade? Nessuna possibilità di elevare lo “scontro” personalistico a livello di dignità politica, ovvero a “confronto” di opinioni e proposte sui processi di sviluppo delle comunità locali? Insomma, nemmeno il tentativo di volare un palmo al di sopra dello stagno?

Invero, poco dopo la battaglia al calor bianco delle regionali di sette mesi fa, i consiglieri Livio Petitto (iscritto Pd della prima ora) e Maurizio Petracca (ex demitiano, ultimo arrivato nel Pd) avviarono, seppure sottovoce, un dialogo “generazionale” che avrebbe dovuto condurre ad un progressivo, rispettoso ricambio della classe dirigente democrat in Irpinia. All’improvviso, per motivi che possiamo immaginare ma non certificare, quell’intesa sembra essere finita a bagnomaria, si è intiepidita, ha perduto la fiamma necessaria per riscaldare passioni politiche e procurare nuove emozioni nel panorama appiattito della narrazione di questa provincia.

Eppure, potrebbe essere proprio la ripresa del dialogo tra i due rappresentanti istituzionali, peraltro con Petitto che sempre più si avvicina a De Luca, la chiave in grado di riaprire perfino le “chiusure” che impediscono una soluzione unitaria del congresso provinciale Pd. Non sarebbe soltanto un esercizio accademico di buona politica, ma la strada giusta da percorrere per garantire l’Irpinia nel nuovo processo di sviluppo che si sta aprendo con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Unire le forze, buttare alle ortiche le polemiche, ragionare su idee e progetti sostenibili, lavorare con gli amministratori locali e attivare tutte le energie politiche che il Partito Democratico può esprimere, significherebbe ridurre al minimo il rischio di restare fuori dagli eventi che d’ora in poi decideranno le sorti della provincia irpina.

D’altra parte, quando tentare la svolta se non ora che la Campania ha un presidente, forte, autorevole, coraggioso e carismatico? Quando se non ora che anche il consigliere regionale di Italia Viva, Enzo Alaia, trova ascolto in De Luca e lo stesso 5 Stelle Ciampi, volente o nolente, starà dentro l’alleanza politica di centrosinistra allargata ai grillini che si va profilando? Quattro consiglieri che lavorano uniti per lo stesso territorio sarebbero un fatto significativo, “realpolitik”.
Ma tutto passa per l’unità dentro il Pd. Perciò… Riflettete, Giovanotti Petitto e Petracca… Riflettete!

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