“Il cavallo di Troia”

Fu forse quel multiforme ingegno di Ulisse a concepire il modo di debellare l’invincibile Troia non più con la forza di vani scontri armati, bensì con il subdolo inganno di introdurre nella città assediata i migliori guerrieri greci nascosti nel grosso cavallo di legno, lasciato appositamente sull’arenile dinanzi a Troia e fatto apparire come un voto agli dei degli assedianti achei; che finsero di aver desistito dalla loro impresa, dopo ben dieci anni di inutile guerra contro i troiani.

Il racconto omerico è a tutti noto, ma è poi divenuto emblematico per alludere a qualsiasi inganno attuato col mezzo di tenerlo nascosto in un dono; del quale, pertanto, è sempre meglio diffidare (“Timeo Danaos, et dona ferentes”).

Esso rientra ormai nella nostra comune esperienza di vita, anche se non appare giusto escludere che possano esserci anche regali sinceri e disinteressati.

Certo che a pensar male anche di chi offra un dono è come far peccato; ma taluno ha anche insinuato che spesso, però, si indovina.

Arduo è il pensiero al riguardo.

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