Il Pd irpino al bivio: la rinascita o la fogna

A chi non lo avesse già fatto, consigliamo la lettura della riflessione – commento di Walter Veltroni pubblicata sul Corriere Della Sera di ieri sotto il titolo “Furbizie, egoismi / I partiti pensino al Paese”. Il contenuto, in rapidissima sintesi, è il seguente: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è una opportunità-necessità irripetibile per l’Italia; invece di dilaniarsi tra di loro e all’interno di se stesse, le forze politiche avrebbero il dovere di pensare al Paese aiutando Draghi ad attuare una missione – il PNRR, appunto – che è estremamente complessa ma vitale per le attuali e le future generazioni.

Consigliamo la lettura di Veltroni, perché è un problema che riguarda da vicino la provincia avellinese, soprattutto ai protagonisti e alle comparse dei partiti politici d’Irpinia, ai loro rappresentanti istituzionali – dai parlamentari, ai consiglieri regionali, al presidente dell’Amministrazione provinciale, ai sindaci e consiglieri provinciali e comunali – e in modo particolare alla famiglia del Partito Democratico: sia perché è questa la forza politica più capillarmente presente, sia perché è proprio nel Pd che si sta trascinando da alcuni anni una guerra intestina che non ha nulla di ideologico, ideale, utile e funzionale all’interesse collettivo, ma piuttosto ha tutto – assolutamente tutto – di personalismi, di sopraffazione per un posto al sole od anche soltanto un piatto di lenticchie, di comportamenti anarchici, di vergognosi trasformismi, di patetici narcisismi e di vuoti culturali – qualche sindaco esagitato in testa – decisamente imbarazzanti.

Hanno un bisogno estremo di leggere Veltroni, protagonisti e comparse del Pd irpino, perché – oltre a ritrovarvi il senso più genuino di cosa significhi essere “democratici” – in quel “pezzo” si può rinvenire in trasparenza anche qualche utile consiglio sui comportamenti che bisognerebbe tenere, specie nelle gravi emergenze come quella che stiamo vivendo, per evitare d’essere presi a calci nei fondelli da un elettorato che non sopporta più, appunto, “furbizie ed egoismi”. Una lettura indispensabile quella di Veltroni, dunque, soprattutto a chi – per merito o semplicemente per caso – oggi occupa la scena pubblica e intende continuare ad esserci.

La telenovela delle lacerazioni interne al Pd irpino data in effetti da quando il partito è nato. Ma è negli ultimi quattro anni che lo scontro tra le due principali fazioni (gruppo vicino a De Luca, gruppo di Del Basso De Caro) si è acuito mostrando l’espressione meno apprezzabile di come e perché si sta in politica.

In questi quattro anni il partito ha dovuto patire: 1) Un commissariamento (David Ermini) del peggiore e già decadente renzismo: 2) Lo scandalo delle tessere tanto al chilo dietro le quali c’erano le logiche dei “compratori” e non la passione dei militanti; 3) La vergogna degli organi statutari sciolti addirittura dal Tribunale per violazione della regolarità e trasparenza della platea congressuale; 4) Il passaggio disinvolto da una corrente all’altra di protagonisti e comparse; 5) Lo spettacolo indegno e impunito di figure di primo piano del Pd schierate contro il Pd alle elezioni di presidenti di Provincia e del sindaco del comune capoluogo; 6) La replica degli show di queste medesime figure contro il governatore Pd della Campania nel bel mezzo della pandemia Covid; 7) Un nuovo e lunghissimo commissariamento (Aldo Cennamo) parziale e discriminatorio fino all’imposizione di una platea congressuale, peraltro avallata in prima battuta dall’attuale dirigenza del Nazzareno, aggiornata al 2019; 8) Le elezioni regionali dello scorso settembre in un clima di scontro interno al calor bianco; 9) Le dimissioni di Cennamo e la nomina, recentissima, del terzo commissario in quattro anni (Michele Bordo) che ha fatto gioire i decariani e innervosire il gruppo De Luca, circostanza che lascia presagire una gestione del partito altrettanto parziale e discriminatoria di quella di Cennamo ma a parti invertite. E qui va soltanto aggiunto che lo stesso Nazzareno che aveva accordato il congresso con il tesseramento 2019 si è poi rimangiato tutto (e invero ha fatto benissimo!) “ordinando” l’allargamento della platea a chi di fatto è tuttora interessato ad iscriversi (Nota a margine con previsione su cui si accettano scommesse. Se era improponibile, diciamo pure “assurdo”, un congresso aperto agli iscritti di due anni fa, la riapertura dei termini offrirà la replica dello scandalo dei tesserifici già visti qualche anno fa: la corsa a chi compra più tessere, quindi a chi “compra” il partito. Con buona pace dell’innovatore, duro e puro, presunto vergine e santo Enrico Letta).

Questo è il Pd irpino oggi. Va detto che se i suoi rappresentanti di prima, seconda e terza fila – ossia parlamentari di ieri e di oggi, consiglieri regionali di ieri e di oggi, sindaci soprattutto di oggi, capibastone nei diversi comuni – se ne restassero “reclusi” nei loro personalissimi fortini, vanesiamente a godersi il prestigio della carica e la generosità dello stipendio, ci sarebbe da esserne lieti e bisognerebbe perfino attivarsi per incoraggiarne l’ozio. Vogliamo dire che sarebbe già una grazia impagabile del Cielo se Lorsignori, dell’uno e dell’altro fronte, non scaricassero i loro scontri di natura personalistica, non già politica, sulle istituzioni e sui problemi seri della provincia irpina.
Sta accadendo invece, in modo particolare da quattro anni a questa parte, che le guerre nel Pd diventino automaticamente contrapposizioni pregiudiziali e strumentali sulle questioni delicate e complesse che incidono sulla qualità della vita dei cittadini e sullo sviluppo del territorio provinciale.

Un esempio eclatante è l’irresponsabile “ammuina” accesa e alimentata da un gruppo di “facinorosi istituzionali” in queste settimane sul caso della struttura ospedaliera della Città delle Pelli. Un ottimo provvedimento regionale di rimodulazione degli “Ospedali Riuniti Moscati-Landolfi”, finalizzato a rilanciare il nosocomio di Solofra consolidando nel contempo l’eccellenza capofila di Avellino, come i fatti dimostreranno, è stato rappresentato come diritto negato alla salute ed altre corbellerie del genere al solo scopo di tenere vivo il fuoco all’interno del Pd e contro la Regione: una speculazione senza scrupoli sulla pelle dei cittadini che non ha precedenti nella storia politica irpina.

Ecco, un partito al cui interno si spendessero impegno ed energie, non per mistificare la realtà ma per contribuire a farla comprendere e possibilmente a migliorarla, in queste come in altre circostanze, sarebbe estremamente utile alla causa provinciale, esalterebbe la funzione della rappresentanza istituzionale, dimostrerebbe – per dirla con Veltroni – di “pensare” al territorio comunale, provinciale, regionale e via via all’intero Paese, invece di rinchiudersi – e con il tempo soffocare, fino alla morte – nelle proprie “furbizie ed egoismi”.

Al di là dei pregiudizi e delle partigianerie di comodo, il deputato pugliese Michele Bordo – nuovo commissario del Pd irpino acclamato dai decariani e accolto con dichiarata freddezza dall’altra parte dem – ancorché 47enne, ha alle spalle una lunghissima militanza politica prima nel Pci, poi nei Ds, quindi nel Pd, distinguendosi per impegno, coerenza e continui successi ottenuti sul campo e tra la gente e non già nel chiuso delle stanze del partito.

Può essere la persona giusta, in grado di spegnere questa “Terra dei Fuochi”, intesa nella peggiore accezione possibile, che è diventato il Pd irpino, propiziandone il ritorno alla ragionevolezza, alla responsabilità, alla coerenza, alla disciplina, al rigore, insomma alla costruzione di un modello politico e culturale all’altezza dei compiti gravosi e complessi che la disastrata realtà irpina richiede?

Dovrebbero augurarselo non soltanto i “democratici” ma anche i loro avversari politici. E va detto, senza veli, che molto possono fare per questo obiettivo innanzitutto i decariani: se continuano a propagandare e a “vendersi” Bordo come il “loro commissario”, forse più per ostentare prestigio e potere che altro, non renderanno un buon servigio né alla persona del commissario, né a se stessi, né al Pd, né, soprattutto, all’Irpinia.

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