Attaccamento alla vita perduta (“Ricordati di me che son la Pia”)

Nel Purgatorio (Canto V) i due Poeti si incontrano con i negligenti, vittime di morte violenta, pentiti alla fine della vita.

Dante ha ivi colloquio, dopo Jacopo del Cassero e Buonconte di Montefeltro, con Pia dei Tolomei.

Di lei si sa che venne fatta uccidere dal proprio marito, messer Nello della Pietra di Maremma, forse per gelosia od anche perché egli aveva pattuito di aver per moglie la contessa Margherita, che era già stata sposata col conte Umberto di Santa Fiora.

La fugace apparizione di Pia, a chiusura del canto, avviene in un’immagine di gentilezza, nel ricordo di quel lontano giorno delle sue nozze, fidanzata (disposata) e inanellata nella stessa cerimonia religiosa.

Lei chiede al Poeta, sommessamente, un ricordo per quando egli sarà ritornato nel mondo dei vivi, ma non subito, bensì dopo essersi riposato dal suo lungo cammino (Deh, quando tu sarai tornato al mondo,/ e riposato della lunga via,/ricordati di me che son la Pia”).

Dopo i tre versi di questa sua preghiera, ne seguono altrettanti per la narrazione della sua vita, limitata alla sua origine (“Siena mi fé”) ed alla sua fine (“disfecemi Maremma”), accennata senza altri particolari (come pure nella narrazione di Franc3sca – Inf. V – allorché lei dice “Quel giorno più non vi leggemmo avanti”), ma soltanto completato con un “salsi colui che ‘nnalellata pria/disposando m’avea con la sua gemma”, che, senza tuttavia accusare, allude al marito uccisore.

Sulla scena della Commedia, non è affatto secondario il personaggio di Pia dei Tolomei, nonostante la sua breve comparsa. Lascia, infatti, un segno la sua sommessa delicatezza, unita al desiderio di essere ricordata; che manifesta l’intenso attaccamento alla vita di quella donna, ingiustamente uccisa e desiderosa di sopravvivere almeno nel ricordo, pur senza recriminare e benché destinata, dopo l’espiazione, ad accedere tra i beati.

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