IL CAFFÈ COME UN ESPRESSO: IN CIALDE MONODOSE. AMORI, ANEDDOTI, DISILLUSIONI, LOCALI, PROPRIETÀ, STORIA, TRADIZIONI

- Confesso, non ho mai preso il caffè da solo al bar. Semmai avvenisse di farlo, per rimediare lascerei un caffè sospeso, immaginando che chi lo consumerà mi abbia momentaneamente lasciato da solo a celebrare il convivio mattutino più celebre del mondo.

- “Teresa ha gli occhi secchi e guarda verso il mare” è seduta all’Harry’s Bar e si concede a confidenze della sua vita. Fabrizio l’ascolta: descrivere il dolore, nessuno meglio di lui sa farlo, anche se in forma di canzone. E di materia qui ce n’è: tra amori riminesi bruciati in piazza e aborti condannati dalla “santa inquisizione” del popolino. A quel tavolo del più famoso ritrovo culturale veneziano, si sono seduti in tanti, da Hemingway a Capote, da Chaplin a Orson Welles ma quel giorno c’è solo lei e quel suo amico Faber che di quella storia, poi, ne farà canzone e una delle più belle, Rimini. Non penso che l’atmosfera di quell’incontro richiedesse un Gin Fizz o un Bellini. Ritengo fosse più adatto un riservato caffè.

- Il caffè è la bevanda più popolare del pianeta. Ogni anno nel mondo si bevono quattrocento miliardi di tazze di caffè. Una cifra incredibile. Immaginate una “tazzina” di caffè grande quanto lo Yankee Stadium di New York, beh, dovreste consumarne ottantacinque volte il contenuto per averne un’idea.
- La sovversione della caffeina – da semplice molecola difensore della pianta a forza motrice che ha spinto gli umani a propagarla in ogni angolo del pianeta dove il clima le permette di crescere – non è che l’ennesima piroetta nel corso serpeggiante dell’evoluzione. Per la pianta si tratta di un mezzo di difesa davvero speciale. La caffeina è velenosa per gli insetti, contrasta la proliferazione di batteri e funghi, uccide lumache e chiocciole e riesce persino a inibire la crescita di altre piante nelle vicinanze. Non solo è presente nei due semi (chicchi) della drupa (frutto di colore giallo e rosso), ma anche nelle foglioline della pianta appena nata sempre allo scopo di curarne la sopravvivenza. In origine, gli abitanti dell’Etiopia –la terra madre del caffè – utilizzavano le foglie come infuso.
- Il caffè per la consumazione va tostato. Una volta rimossa la polpa del frutto ed essiccati i chicchi, questi ultimi si presentano di colore verde chiaro, crudi ed impregnati di umori ancora inespressi. La tostatura a circa 220° C, opera una magia molecolare sul guscio del chicco di caffè arricchendo la complessità chimica del suo aroma. L’acqua presente nelle cellule, evapora e fa gonfiare il guscio. I carboidrati si scompongono in zuccheri semplici e vanno incontro alla caramellizzazione, che conferisce al chicco il suo caldo colore bruno. Calore e pressione comportano il rilascio di oltre ottocento molecole diverse che conferiscono il delizioso aroma dei chicchi tostati. Tutte queste reazioni generano quantità ingenti di diossido di carbonio: una parte di esso rimane intrappolato nelle cellule del seme, pronto a creare la crema del vostro caffè quando viene espulso sotto pressione dai chicchi macinati attraverso l’apposita macchina da espresso.
- Pasquale Lojacono è seduto in balcone, ha davanti la sua fedele macchinetta napoletana e si sta preparando il caffè del pomeriggio, dopo una pennichella di mezz’ora. Il balcone è anche il suo estremo rifugio per sfuggire alle paure di una fantomatica anima vagante “il Grande di Spagna” Rodrigo Lòs Deriòs, da pronunciare uno fiato – come raccomanda il portinaio Raffaele. Quel pomeriggio però è sereno e deve dimostrare al dirimpettaio, professore Santanna, che l’atmosfera di casa è tranquilla e la presenza di fantasmi è pura diceria.
“Chi mai potrebbe prepararmi una tazzina di caffè meglio di come me la preparo io” professo’ “con lo stesso zelo, lo stesso amore”
e dispensa consigli
“per esempio, vedete professo’, sul becco, io ci metto questo coppitello di carta, così il fumo denso, quello del primo caffè, non si disperde e rimane dentro a ricevere la sostanza”
Due consigli ancora: disperdere un mezzo cucchiaino di caffè sul fondo della capsula dove si versa l’acqua e raccomanda di macinare il caffè poco prima di consumarlo, dopo aver effettuato personalmente la tostatura in una apposita macchinetta. Quale meraviglia di descrizione del Grande – lui si – Eduardo De Filippo, per la tradizione tutta napoletana del vero caffe, nella commedia Questi Fantasmi.
- Il caffè si diffuse dall’Etiopia attraverso il mondo arabo fino all’Europa e alle sue colonie in Asia ed infine alle Americhe. All’inizio fu esportato dal porto di Moka, nello Yemen, dove venivano coltivate e vendute le piante provenienti dall’Etiopia. Non si sa quando questo commercio sia cominciato. Potrebbe risalire al VI secolo d. C. quando gli etiopi invasero lo Yemen e vi regnarono per un breve periodo. Nello Yemen il caffè fu adottato dai monaci sufi arabi, che lo bevevano per restare svegli durante le preghiere di mezzanotte.
- Nella maggior parte dei paesi occidentali le linee guida, sul consumo del caffè, riportano che la dose accettabile di caffeina non debba superare i 400 milligrammi al giorno – 4 tazze di caffè istantaneo o tre caffè filtrati -. La caffeina è nota soprattutto per gli effetti stimolanti sul cervello: ci aiuta a stare svegli e all’erta. Il caffè contiene una grande quantità di polifenoli, antiossidanti che hanno un effetto benefico perché nutrono i nostri microbi. La tostatura non li distrugge anzi, nella maggior parte dei casi, il loro potere antiossidante aumenta. Una tazza di caffè è una discreta fonte di fibre: circa mezzo grammo. Come una scodella di cereali o una banana piccola. I microbi del colon fanno fermentare le fibre producendo acidi grassi a catena corta che aiutano i batteri buoni a prosperare nell’intestino.
In due parole: il nostro caffè del mattino non sveglia soltanto il cervello ma anche il nostro pancino.
- Il Rick’s Café ha preso il nome dal suo proprietario Rick Blaine, americano trasferitosi a Casablanca dopo un amore nato e naufragato in quel di Parigi. Si ritrova, un giorno nel suo locale, la stessa donna dell’avventura parigina, Ilsa Land, con l’attuale marito; approdati nella capitale marocchina ormai filo nazista, dopo l’avvento del Governo di Vichy. I coniugi Laszlo sono intenzionati a scappare anche da lì, perché ormai entrambi ricercati dalla Gestapo. E gli amanti dei tempi parigini che fanno? Inevitabile, rinfocolano il vecchio amore!
Detto così, sembra un feuilleton sentimentale, e in effetti lo è, se non fosse per il riscatto finale, passato alla storia del cinema. Rick, intenzionato, suo malgrado, a rinunciare all’amore ritrovato, è seduto nel suo locale e medita sull’azione salvifica, ideata per garantire un lasciapassare e una fuga sicura alla sua ex donna e a suo marito.
E dice, con aria sconsolata, al suo pianista che gli siede accanto:
“ Sam, con tanti ritrovi nel mondo, doveva venire proprio nel mio ”
E subito dopo “ Cosa stai suonando? ”
“ Una cosetta di testa mia ” risponde Sam
“ Beh, smettila, sai quella che mi piace”
“Io non so” si scusa Sam
“ Ma come l’hai suonata per lei, adesso suonala per me!”
E a quel punto parte As Time Goes By “…when two lovers woo, they still say “I love You”…
Sto parlando di Casablanca con Bogart e Bergman. Quella sera Rick aveva sul tavolo una bottiglia di whisky per affogare nei dispiaceri… ma sempre in un Café era l’ambientazione.

- Avversioni e revisioni
Il governatore della Mecca, Kha’ir Beg, nel 1511 dichiarò impuro il caffè, assimilandolo all’alcol e bandendolo dal luogo sacro per i mussulmani. Le virtù ambigue e insidiose della bevanda, tuttavia, avevano fatto arrivare il seducente profumo fino al Cairo dal sultano Qansùh al-Ghùri da cui dipendeva il governatore della Mecca. Il sultano convocò il suo sottoposto redarguendolo e abrogando immediatamente tale decreto: si tornò così a bere il caffè e il governatore della Mecca sparì in circostanze misteriose sulla via del ritorno a casa.
Le donne britanniche nel 1674 si radunarono a Londra e redassero una petizione pubblica per chiedere la chiusura dei caffè dove si radunavano gli uomini. E questo solo perché a loro non era concesso entrare; sostennero infatti che il caffè sconvolgesse le menti, prosciugasse i corpi e rendesse impotenti e sterili i loro uomini.
All’inizio del 1600, il termine impuro venne adottato anche dai vescovi cristiani a Venezia, i quali volevano avversare l’uso del caffè in Italia. Perciò si presentarono al cospetto di Clemente VIII chiedendogli di scomunicare la bevanda “impura” tipica della cultura mussulmana, che per loro era ammissibile al vino. Ma il vino nella cultura cristiana è sacro e non reietto come per i mussulmani. Si racconta che quando fecero assaggiare il caffè al Papa, presentandolo come la bevanda del diavolo, Clemente VIII assaggiando abbia esclamato: “Questa bevanda è così buona che dovremmo cercare di ingannarlo e battezzarlo, il diavolo”. Così il caffè tostato fu battezzato e a finire al rogo fu Giordano Bruno che aveva proposto più o meno la stessa cosa… per combattere il diavolo.
- E ora mi immagino di essere, a Trieste, James Joice e Aron Hector Schmitz – in arte Italo Svevo – stanno a sorseggiare insieme un caffè, seduti al Bar degli Specchi in piazza Unità d’Italia, all’epoca p.zza Francesco Giuseppe. Tra il 1906 e il 1907, durante gli anni della loro frequentazione. Il giovane scrittore irlandese è intento a spronare il più attempato scrittore triestino, amareggiato dopo gli insuccessi di Una Vita e Senilità. Prima sfottendolo: “Ma lo sa che lei è uno scrittore negletto!”
E subito dopo a consolarlo dagli strali della critica: “Il critico deve avere egli stesso una scintilla di genio per scoprire la scintilla di genio di un altro”
Quale caffè bevessero, nessuno dei loro biografi lo cita, ma certo avevano un bello scegliere tra una lista di quasi una ventina di caffè diversi, come è tradizione ancora oggi, del rinomato bar triestino.
Beh, volete mettere, siamo nella città del caffè…
Più tardi negli anni, sempre a Trieste, in un altro caffè letterario famoso, il Tergeste, che oggi non c’è più, si sarebbe seduto il poeta Umberto Saba, magari intento a scrivere proprio la lirica Caffè Tergeste della sua raccolta, La Serena Disperazione.
E sempre con in bocca – c’è da scommettere – gli aromi appena assaporati di un buon caffè.
- Il caffè nasce da una pianta, un alberello sempreverde: la Coffea arabica. Questa specie è la fonte originaria della bevanda e quella da cui si ricava il caffè più pregiato; i chicchi di Coffea arabica contengono meno dell’1,5 % di caffeina. Un prodotto più economico e meno pregiato si ottiene dai chicchi della specie affine la Coffea canephona, originaria dello Zaire. Un intenditore in fatto di caffè e autore di libri in materia ha definito la varietà Robusta ottenuta dalla diffusissima Coffea canephora “il cugino rozzo, cafone, acido, incivile e senza cuore del caffè arabica. In una parola: ‘na ciofeca!
Questa varietà, però, ha una maggiore resistenza alle malattie e un maggiore contenuto in caffeina.
- La scienza moderna conferma molti dei benefici di un moderato consumo di caffè propagandati già da coloro che lo bevevano secoli fa. La caffeina blocca l’azione di una sostanza chiamata “adenosina”, che è un regolatore ad ampio spettro del sistema nervoso centrale. L’adenosina agisce come una sorta di freno sui neuroni, perciò, quando la caffeina ostacola questa azione frenante, la macchina umana prende velocità. Durante le ore di veglia l’adenosina si accumula, finendo per indurre il sonno. La caffeina le impedisce di svolgere questa funzione, ed è questo il motivo per cui il caffè tiene svegli. Nel linguaggio conciso della scienza: accresce l’eccitazione, la vigilanza, l’attività motoria; riduce lo stimolo del sonno; induce sensazioni di benessere e di energia; favorisce le capacità cognitive.
Il caffè ha ispirato artisti, scienziati e politici. La scoperta del caffè ha ampliato non solo i confini del regno dell’illusione – come aveva osservato poeticamente Isidore Bourdon – ma anche quelli del regno della libertà, della cultura, del commercio e della ragione, ciascuno dei quali concorre a dare più speranza alla speranza.
Beethoven era un bevitore di caffè: per prepararselo, utilizzava precisamente sessanta chicchi di caffè per tazza (curiosamente vicino ai cinquanta-cinquantacinque previsti per un moderno caffè espresso). Bach compose una Kaffeekantate (Cantata del caffè) mettendo in musica il ritornello: “Ah! Come è dolce il sapore del caffè! Più dolce di mille baci, più dolce di un vino moscato”. Balzac ne beveva sessanta tazzine al giorno (che se fosse vero, deve avergli inoculato una dose di caffeina pressoché letale) per alimentare la propria produzione letteraria prodigiosa.
E’ rimasta famosa la frase di Paul Erdòs, uno dei più grandi matematici del XX secolo: “Un matematico è una macchina che converte caffè in teoremi”.
- E per chiudere una nota di colore e, considerato il personaggio, anche di un certo colore: il blu, quello della nobiltà.
Forse non tutti sanno quale sia il caffè più costoso al mondo. Mi permetto di dirvelo io: è il Kopi Luwak, costo, 250 euro a kilogrammo. Viene prodotto in Indonesia ed è un caffè di qualità arabica. Adesso vi starete chiedendo: ma perché costa tanto se l’arabica, anche quella di marca migliore, si trova al supermercato a prezzi molto più accessibili?
Dovete sapere che questo caffè…dicono, eh… dicono, che abbia un sapore speciale – non chiedetelo a me perché mai mi permetterei di assaggiarlo, e non per il prezzo – è ottenuto con le bacche ingerite e defecate dallo zibetto comune delle palme. I succhi gastrici – e non solo gastrici – perciò, conferiscono al caffè un aroma “unico”.
Facendo una ricerca sul web, sempre in ambito caffè, scopro che il principe Carlo sembra – e pure qua ripeto sembra – sia aduso a fare clisteri con questa bevanda. La fonte non specifica quale tipo di caffè sia, ma deduco, se due più due fa quattro, che “noblesse oblige”… personaggio importante – caffe importante!

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