DRIVING AMBITION – CONTRO I BLA BLA BLA DEI GOVERNI E DEI FINANZIERI DISTRUTTIVI

Non perdiamoci in chiacchiere: il mercato non si autoregola e – piuttosto – tende progressivamente a sopraffare il sistema ecologico terrestre. Alla Youth4Climate che ha preceduto la Pre-Cop 26, il Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani ha detto ai ragazzi: “Oltre alle proteste, servono proposte”. Un concetto ripetuto più volte, anche di fronte ai discorsi dell’attivista svedese Greta Thunberg.

Ed eccole le proposte, contenute nella Dichiarazione per il futuro, prodotta dalla Climate Open Platform, la rete che unisce oltre centotrenta realtà dell’attivismo internazionale, tra cui Fridays for future, Greenpeace, Legambiente, Wwf, ASud, Associazione Terra, ActionAid, Isde, Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e Libera. Andate a leggerle, ci troverete suggerimenti e prospettive che spaziano dai diritti umani all’acqua fino alle problematiche specifiche del lavoro e dell’energia. A beneficio dei lettori, ne trascrivo le principali in un’estrema sintesi: la cancellazione del debito dei Paesi più poveri, una carbon tax globale, il phase out del carbone entro il 2025, una legge contro le delocalizzazioni e l’eliminazione definitiva di aziende inquinanti e industria del fossile da scuole e università. I punti chiave di questo documento, che indica con chiarezza inequivocabile l’orientamento che deve assumere sin da ora la politica internazionale a partire dall’Europa, sono stati già consegnati al Presidente del Consiglio Mario Draghi. “Chiediamo che sia riconosciuto e tutelato, come nuova fattispecie ad hoc, a livello internazionale uno specifico diritto umano al clima stabile e sicuro come diritto fondamentale e come precondizione per la realizzazione e la tutela di tutti gli altri diritti umani fondamentali” spiega Marica Di Pierri, portavoce di ASud. Come si vede, sono vastissimi e diversi i temi su cui si articolano le proposte della rete: oltre ai diritti umani: acqua, cibo e risorse; lavoro ed energia; economia e finanza; saperi; città, territori e comunità per una transizione sistemica.

Dalla Comunità Locale trasformativa di AVELLA, che è partner della Comunità LAUDATO SI’- S. CIRO di Avellino, il coordinatore Salvatore Esposito avverte: Si segnala che è in atto una AGGRESSIONE MEDIATICA GLOBALE contro Greta Thunberg e il mondo dei difensori del pianeta terra. L’unica autorità morale e di governo che li difende apertamente e con coraggio è Papa Francesco. Gli attivisti vengono definiti di volta in volta, dai potenti del mondo, dai difensori degli interessi economico-finanziari distruttivi e dai negazionisti come: catastrofisti, ideologici, inconsapevoli, comunisti ignoranti e nemici del progresso (…) perfino colpevoli dell’aumento delle tariffe energetiche in tutto il mondo. Adesso bisogna avere una grande capacità di fare contro-informazione a partire dalle Comunità Locali Trasformative. È l’ora di dar vita ad un grande pacifismo interiore, agito nell’azione culturale e politica; è ora di un grande impegno culturale e formativo per contrastare efficacemente il modello bugiardo dell’Homo Oeconomicus; è ora di una nuova resistenza internazionale per la giustizia e la libertà. Una curvatura AUTORITARIA E TECNOCRATICA SI PROFILA ASSIEME ALLE GRANDI TRAGEDIE DELLE MIGRAZIONI CLIMATICHE GIÀ IN ATTO NEL MONDO. Attualmente, è questo uno dei compiti più importanti ed urgenti da svolgere in ambito associativo. Si tratta ancora una volta di dar vita ad azioni formative a largo spettro, in cui si gioca il nostro impegno individuale e di gruppo per la diffusione di condotte basilari da realizzare nella vita di tutti i giorni come: la consapevolezza della propria impronta ecologica; l’abolizione dell’usa e getta; la conversione delle fonti fossili in energie rinnovabili. Insomma, urge per ciascuno di noi il dovere di formulare una vera e propria mappa delle scelte da effettuare nella quotidianità per il rispetto dell’ambiente.

Secondo Mario Draghi, i tre punti salienti nell’agenda del G20 per il clima sono: transizione ecologica collegata a uguaglianza sociale; finanziamenti (e non prestiti) ai Paesi poveri; velocità d’azione nei prossimi mesi in vista della conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop26), che riunirà quasi tutti i Paesi del mondo per le Conferenze delle Parti (CoP). Il nostro Presidente del Consiglio, alla guida anche del G20, intervenendo alla sessione conclusiva dello Youth4Climate: Driving Ambition al Mico di Milano, ha detto: «Ringrazio questi giovani per la pressione che stanno mettendo sulle spalle dei potenti della Terra e mi complimento per la loro competenza sulle questioni climatiche, ma anche per la loro capacità di leadership». È evidente che quella di Greta Thunberg, Vanessa Nakate, ma anche di Martina Rabbia, Reem Al Safar, Marinel Ubaldo, Ernest Gibson non è l’epoca delle passioni tristi, del ripiegamento su sé stessi, ma il tempo dell’impegno, perché, come sottolinea spesso Papa Francesco, «non c’è più tempo da perdere e ora serve concretezza». Draghi ha dovuto anche fare i conti con la disillusione di questi ragazzi; infatti la stessa Greta, nel suo intervento di apertura il 28 settembre, aveva puntato il dito sui vari Recovery, fin troppo disattenti al tema della transizione ecologica. Dal canto suo, il presidente Draghi, pur ammettendo che finora è stato fatto poco concretamente, ha precisato che per il Recovery l’Italia ha stanziato il 40% dei fondi ai temi della sostenibilità, anche per aiutare famiglie e imprese ad affrontare la complessità di questa transizione.

Ma l’ingiustizia di fondo è che i Paesi a basso reddito – proprio a motivo della loro arretratezza tecnologica – pur producendo poche emissioni nocive subiscono gli effetti più negativi delle emissioni tossiche da parte delle nazioni maggiormente industrializzate. Per ovviare – almeno in parte – a questo stato di cose, sono stati stanziati 100 miliardi a fondo perduto in favore dei Paesi in difficoltà con il piano Cop26 «Delivering the Paris agreement: 5 point plan for solidarity, fairnass and prosperity». Il modello urbano ideale cui ispirarsi sarebbe una città multicentrica con una rete di trasporto pubblico in grado di collegare ogni sua parte (urbana e extraurbana) in modo efficiente, a cui affiancare una rete che a sua volta agevoli gli spostamenti in bici o a piedi. L’arresto dell’incessante consumo di suolo e il raggiungimento delle emissioni zero sul fronte automobilistico sono tra i punti principali che riguardano le città. Mentre le comunità, spiegano le associazioni, devono essere coinvolte nei processi decisionali atti a promuovere il risanamento e la riqualificazione del patrimonio territoriale, naturale ed edificato della produzione agro-rurale.

In vista di Glasgow, i Paesi ad economia più avanzata sono stati invitati ad accelerare i tagli sulle emissioni e ad aumentare i finanziamenti, perché – come ha bene evidenziato Greta Thunberg – c’è il rischio che senza progressi in queste direzioni la Cop26 finisca per essere un fallimento. I giovani, in pratica, chiedono una seria e puntuale attuazione degli accordi di Parigi, soprattutto per vedere finalmente risolte le gravi questioni ambientali che ci attanagliano, causando in alcune aree del pianeta danni ormai quasi permanenti, come In Madagascar o in Uganda, afflitti da anni di carestia e incendi che stanno determinando una permanente siccità. Peraltro, i soggetti più colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici sono proprio contadini, pastori, lavoratori rurali, pescatori e popoli indigeni, specialmente se donne e giovani. Perciò, la rete delle Associazioni ambientaliste chiede politiche pubbliche che promuovano e sostengano l’agro-ecologia contadina, con la nascita e la transizione di numerose aziende di piccola scala per contrastare la concentrazione e l’accaparramento di terre e risorse naturali, ma esigono anche di rimettere al centro dei colloqui la tutela e la gestione pubblica e partecipativa dell’acqua, che dovrà focalizzarsi sulla riduzione dei consumi idrici e la ristrutturazione delle reti, anche senza ricorso alle grandi opere.

Nel fatidico 2020, circa 82 milioni di persone (il 42% delle quali con meno di 18 anni) sono state costrette a migrare dai Paesi che eufemisticamente chiamiamo ‘a basso reddito’: quasi il doppio rispetto al 2010 e di più anche rispetto ai quasi 71 milioni di persone del 2018. “Nonostante i numeri così alti e le analisi dell’Onu parlino sempre più di crescita esponenziale del numero di persone costrette ad abbandonare il proprio luogo di vita per disastri ambientali e climatici – si spiega nel documento della rete associativa – non esistono dati certi sui migranti ambientali e climatici perché questa figura non è riconosciuta nella legislazione internazionale”. Come dire che un evidente diniego – quasi un’eliminazione simbolica – colpisce crudelmente ogni giorno schiere di migranti senza nome, privi di identità e perciò stesso di diritti civili. Per opposti motivi anagrafici risultano invece più chiari i numeri sugli sfollati interni: durante il 2020 se ne sono registrati 40 milioni e mezzo (tra questi, quasi 31 milioni sono stati obbligati a fuggire a causa di disastri ambientali). Insomma, le scelte ambientaliste non sono un optional di moda, ma un’assoluta necessità: un’emergenza planetaria, con gravissime ripercussioni sulla salute e l’economia di tutti i Paesi. Ad esserne convinti ormai sono la maggior parte dei leader dei governi mondiali, che in maggioranza si dichiarano pronti ad agire e a farlo (sembra) nel più breve tempo possibile. Resta il problema di convincere le persone, i negazionisti di turno, gli esperti del Bar Sport che sostengono improbabili tesi pseudoscientifiche o semplicemente si fanno scivolare addosso tra una birra e un’altra le notizie degli eventi climatici più catastrofici e dei morti innocenti, imputandoli ipocritamente al destino cinico e baro.

I commenti sono chiusi.