Le elezioni provinciali, il Pd e la politica soffocata

Una decina di giorni fa ho scritto (e detto in Tv) ciò che pensavo circa il metodo utilizzato dal Partito Democratico irpino – metodo avallato dai vertici regionali e nazionali – per la scelta del candidato alla presidenza della Provincia. In buona sostanza ho detto e scritto che non ha nulla di democratico un partito che impone decisioni dall’alto su questioni che riguardano le istituzioni territoriali senza ascoltare – non dico le comparse, che sarebbe comunque doveroso e utile interpellare – ma almeno i protagonisti diretti delle elezioni provinciali, che nella fattispecie sono i sindaci e i consiglieri comunali, ovvero le persone in carne e ossa che hanno diritto al voto in questa specifica competizione elettorale.

Ho scritto e detto che il metodo usato, oltre a non avere niente di democratico, configura un atto di arroganza padronale impolitica e per di più miope: di quelle miopie acute che nella migliore delle ipotesi portano a sbattere.

Niente da fare. Non c’è stato verso di far cambiare idea all’Intellighentia dem avellinese, napoletana, salernitana e romana (leggi Nazareno): Buonopane doveva essere il candidato, senza possibilità di farvi competere un qualsiasi companatico dello stesso partito o comunque dell’area progressista, e Buonopane è stato candidato. Il buon diritto della base elettorale – sindaci e consiglieri comunali – di esprimere una opinione? Niet! Il buon diritto degli alleati del Pd di dire la loro? Più che mai Niet! “Buonopane, vi abbiamo detto, e guai a chi lo mette in discussione!”!

Un diktat imprudente e anti-buonsenso, prima ancora che anti-democratico. Il Pd, infatti, non ha la maggioranza assoluta nella sommatoria dei sindaci e dei consiglieri comunali irpini. E non ce l’ha soprattutto in funzione del “voto ponderato” che caratterizza queste elezioni. Ha bisogno di alleati: non dei 5Stelle, che nelle istituzioni elettive irpine sono meno di quattro gatti, ma di altri partner del centrosinistra, a cominciare da Italia viva, socialisti e area moderata. Per di più, il Pd non è affatto compatto in questa provincia, tutt’altro. È diviso in tante anime, che non sono nemmeno anime definibili “serene”: si stratta piuttosto di anime perennemente inquiete, agitate, e la storia politica locale avrebbe dovuto insegnare di cosa non siano capaci certe anime che fanno l’occhiolino al diavolo appena gli angeli si distraggono un po’.

Ora, cosa ci si poteva attendere, se non la porta sbattuta in faccia, da molti sindaci e consiglieri comunali e da qualche alleato, non proprio tutti “servi sciocchi”, di fronte all’ordine del Pd: “O digerite il Buonopane o fate un po’ come vi pare”?

Esattamente ciò che è accaduto: “Facciamo ciò che ci pare!”, hanno detto in coro un bel po’ di genti che stanno nelle amministrazioni comunali irpine e ai livelli istituzionali più alti. Con la promessa implicita di vendere cara la pelle, ossia di combattere fino all’ultimo voto per dimostrare al Pd che la veste feudale non va più di moda nella politica irpina. È nata da qui – da un errore madornale e infantile del Partito Democratico – la rivolta spontanea, non solo di diversi amministratori dem, ma anche e soprattutto di alleati fedelissimi del Governatore della Campania.

Prendete il consigliere regionale di Italia viva, Enzo Alaia, che poi è stato l’ispiratore della candidatura D’Agostino alternativa a Buonopane. Di Alaia, il Toto Cotugno de noantri, si può dire tutto: perfino che canta come parla, ossia in tono decisamente minore, senza mai un Do di petto politico, una “non qualità” che invero lo accomuna a tutti gli altri consiglieri regionali irpini. Epperò – siamo seri! – di lui si può dire tutto tranne che non abbia raccolto, per la sua elezione, una straordinaria quantità di consensi, il più votato in Irpinia, nonostante fosse candidato sotto la bandiera d’un partitino che i sondaggi danno al 2 per cento, e ciò a dimostrazione che la valenza elettorale del consigliere regionale è di natura squisitamente personale.

Si può dire tutto, di Alaia, fuor che non rappresenti una fetta consistente dell’elettorato provinciale, dunque. E se questo è, si può dire tutto fuor che egli non avesse diritto di partecipazione “preventiva” alla scelta del candidato presidente della Provincia. L’errore madornale e infantile del Pd, che sostanzialmente è un errore indotto dall’arroganza cinica e cieca, è di aver ritenuto che il consigliere regionale supervotato Enzo Alaia mai e poi mai avrebbe potuto sbattere la porta in faccia a questo Pd; non avrebbe potuto perché infinitamente devoto al Governatore della Campania. È, invece, proprio in questo dettaglio – il legame forte di Alaia con De Luca – la chiave di lettura dell’errore Pd: dev’essere stato così grave, così intollerabile, così politicamente arrogante, e allo stesso tempo stupido, l’atteggiamento del Pd, che perfino un devotissimo del Governatore, ancorché d’altro partito, non ha potuto fare a meno di sbattere la porta in faccia.

Ora, per consolarsi del male da essi stessi causato, i suonatori della banda musicale del Pd irpino, sostenuti dal coro dei soliti “cantori a cottimo”, invece di recitare il mea culpa per aver perseguito una malapolitica dall’evidenza lapalissiana, hanno cominciato la Guerra Santa contro il competitor di Buonopane, il candidato del fronte opposto al Pensiero Unico e assai Raro del Partito Democratico, ossia Angelo Antonio D’Agostino.

È un segnale chiaro di ragionato timore che il sindaco di Montefalcione, il quale ha scelto di correre sotto un simbolo civico, possa spuntarla. E, tuttavia, ancora qui Pd & Compagnia cantando perseverano nell’errore. Anziché spiegare perché è stato scelto Buonopane all’insaputa di tutti, con tutto il rispetto per il sindaco di Montella; perché la decisione di non coinvolgere gli amministratori locali e gli alleati; perché non aver ragionato preventivamente sulle cose da fare per poi decidere il candidato presidente meglio attrezzato per farle: invece di spiegare cose così elementari, chiare, doverose e utili, Pd & Compagnia cantando altro non riescono a fare, oggi, che il solito, stantio esercizio retorico del bla bla bla: rinvangano presunti conflitti di interessi (conoscono la Legge Frattini?), tranciano giudizi etici e morali senza prima scagliare la pietra verso se stessi, ostentano un prestigio politico che oggettivamente offende il comune senso del pudore.

È proprio il caso di gridarlo forte: Dio, come siamo caduti in basso!

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