IL SUONO DEGLI ZAMPOGNARI: UNA MEDICINA PER L’ANIMA

Il canto di “lacreme napulitane” è il pianto di nostalgia dell’emigrante, che, pur nell’amarezza di una forzata lontananza per lavoro dalla sua Napoli, avverte tuttavia che “sta pe’ trasì Natale” e, perdonando “quella signora”, pensa al presepe da regalare ai suoi bambini.

Tutto esprime nella struggente sua invocazione “come vurrìa sentì nu zampugnaro”.

Anche il poeta ode tra il sonno le ciaramelle che destano “tutta la buona povera gente”, mentre, con le stelle in cielo ed i lumi nelle capanne, la terra appare “un piccoletto grande presepe”.

Quelle ciaramelle hanno un delicato suono di chiesa, di casa, di mamma e di un “dolce e passato pianger di nulla”, per un gradito “gran dolor che poi non duole” ma soltanto commuove.

Questo rito degli zampognari, che da luoghi misteriosi sono sempre ritornati in occasione del Natale, nonostante la convulsa vita dei nostri tempi, vuole essere ancora un astro che non può e non deve tramontare, per quel particolare benessere spirituale che sa dare

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