Raccoglimi

Poesia scelta Raccoglimi
Autore: Maria Teresa Bari

Nell’urlo che s’agita silente
al pallore dell’istante
scia esangue
dardo che rapido squarcia

Tra le note di versi
profumati di campo
sfumati vapori
nel singhiozzo di disfatte canzoni

Nella mescita
di tenebre e colori
visioni di aurore e parole

Nell’angolo di luce che trafigge
riparo
dall’incombere d’ombre
dove resto e resisto

 

A cura di Emanuela Sica

Il desiderio di resa, di quiete che placa gli affanni, di pace, seppur effimera ma essenziale, nel margine del dubbio, anche solo il tempo di respirare, si incunea nella mente del lettore sin dal primo verso, quel “raccoglimi” come atto d’abbandono alla necessità di lasciarsi prendere e accogliere in un luogo ovattato, quasi una culla ove posare le storture della vita per farle decantare nel solco dell’anelata e salvifica calma.
Allo zenit dell’agitazione più sotterranea, che squarcia come un dardo l’animo pallido, tormentato eppur silente, non si percepiscono verbi ma ogni cosa (percezione, singulto, sensazione, emozione) resta avvinghiata al silenzio come nesso causale d’essenza. Chi riesce a dire del dolore, soprattutto se il dolore è autentico? Probabilmente soltanto l’assenza delle parole esprime la “scia esangue” di sofferenza più pregnante e senza maschere. Quella, per intenderci, che non gioca a categorizzare ma si lascia avvolgere e travolgere senza mitigazione alcuna, senza limitazioni o confini da rispettare. Eppure, c’è una luminosa scintilla, che si muove tra le musicalità dei versi, attrattivi come le peculiari efflorescenze dei campi. Per questo, il carico olfattivo che si muove anche nel singhiozzo dei canti, perduti, arresi alla sconfitta del tempo, riesce a mescere, in chiaroscuro e in colori, mondi che sembrano visioni così come le aurore che estirpano parole dalle emozioni.
E’ così che la poetessa riesce a trovare, nella dimensione spazio-temporale del suo “io”, un angolo di luce che prova (riuscendoci) a superare il moto perenne delle ombre, sicuramente percezioni e vite di angustiosa preponderanza. Qualcuno diceva: “L’esistenza è una veglia condivisa in due: all’inizio l’ombra si riposa e l’uomo veglia, poi l’uomo va a dormire, e l’ombra rimane a vegliare.” È forse in questa dimensione che si riesce a comprendere quanto l’ombra sia comunque necessaria per comprendere la bellezza delle cose. Non è forse nell’esatta commistione tra luce ed ombra che gli occhi vedono? Così come non esiste luce senza ombra non esiste ombra senza luce, il gioco degli opposti diventa origine ed argine delle cose, anche di quelle che apparentemente non hanno forma ma proiettano la nostra essenza sul profilo di un muro. Wilde diceva: “Quello che gli uomini chiamano l’ombra del corpo non è l’ombra del corpo, ma è il corpo dell’anima.” Forse aveva ragione, se riflettiamo, se ci lasciamo prendere da questi versi e anche se aggiungiamo un piccolo tratto di natura filosofica la soluzione appare alla portata di chi legge e, prima ancora, di chi scrive. Carl Gustav Jung teneva in grande considerazione l’acquisizione della coscienza e la comparava, usando un linguaggio metaforico, al più squisito frutto dell’albero della vita (Realtà dell’Anima,1933), pur riconoscendo che, senza alcun dubbio, il processo della coscienza, gettava il seme della frantumazione della continuità della Personalità totale, della dissociazione delle parti superiori dalle parti inferiori.
Orbene l’ombra personale, stando all’interpretazione che le si è voluta dare, è una parte inferiore della personalità, un segmento includente i tratti delle qualità inferiori e indifferenziate; sono tratti deficitari e spesso negativi. Egli descrive in un modo alquanto suggestivo questo aspetto della personalità umana accostandolo ad una sorta di alter ego, “un altro”, un uomo reale che pensa, fa, sente e aspira a tutto ciò che è riprovevole e degno di disprezzo […]. L’uomo integro però sa che anche il suo più spietato nemico, anzi un’intera schiera di nemici, non vale quell’unico tremendo avversario, quell’altro che è in lui, che “abita nel suo petto”. Insomma un pericoloso mister Hyde alberga in ciascuno di noi. Forse in questo caso l’ombra potrebbe avere un aspetto di “alter ego” che non si vuole scoprire e comprendere oppure la paura di quello che “custodisce” l’ombra si comprende a tal punto da non voler essere rivelato, come necessità di sopravvivenza? Il dubbio resta ad aleggiare nei passi poetici ma qualcosa fuoriesce per essere svelato. La mancanza della punteggiature mi dice, istintivamente, che nel flusso della poesia resta un filo conduttore che non si interrompe, non si spezza ma che continua come la corrente di un fiume, in cui il corpo poetico, si lascia andare e si lascia portare da questa. Ebbene, l’autrice opera una scelta dimensionale, nell’angolo di quella luce, in quel margine che riflette e ripara speranze, che argina, come può, paure e difficoltà. Lì resta nella granitica convinzione di pretendere più attenzione per se stessa e in virtù di questo, consapevole, bagno di necessità esistenziale, vitale frumento delle umane genti, materializza la sua voglia più acuta e preponderante, a discapito di ogni altra effimera sensazione.
Resistere per esistere, resiliente alla fatica degli attimi e dell’eternità, nel giro di boa degli anni. Seneca sosteneva che “Le difficoltà rafforzano la mente, così come il lavoro irrobustisce il corpo.” E’ un lavoro anche mantenere salde le radici nel terreno, resistere, non lasciarsi soggiogare dalle avversità, mantenere dritta la barra nonostante l’incalzare della tempesta perché “La resilienza non è una condizione ma un processo: la si costruisce lottando.” (George Eman Vaillant)
In questa dimensione, come dice la stessa autrice: “La poesia è ferita di luce. Il poeta è un acrobata sul filo sottile che ricuce lo strappo tra il cielo e l’abisso. Ai margini del silenzio, sempre in bilico.”

Mariateresa Bari vive a Palo del Colle con la sua famiglia. Laureata in violoncello, ha al suo attivo un’intensa attività concertistica. Insegna nella scuola secondaria di primo e secondo grado ed è presidente della fondazione Vittorio Bari. Ha pubblicato per la NeP ed. “Intraverso, spiragli nell’essere”. Ha vinto numerosi premi nazionali. Alcune poesie sono presenti in antologie poetiche ed anche nell’enciclopedia di poesia contemporanea edita dalla fondazione Luzi.

I commenti sono chiusi.