Atripalda, tutti a guardare in aria!

Le feste popolari sono sempre state un magico momento di collettiva evasione, anche spirituale, per gli abitanti di ogni Paese. In ciò non è mai stata seconda Atripalda; che, anzi, ha sempre primeggiato con le sue numerose celebrazioni per la venerazione sia del proprio patrono San Sabino, sia di vari altri Santi o per ricorrenze religiose di altra specie.

I momenti significativi di questi eventi, della durata di qualche giorno, sono sempre consistiti, oltre che nei veri e propri riti religiosi e nelle suggestive processioni dei fedeli in preghiera, anche nella partecipazione di tanta gente per la strada, con le luminarie e le immancabili giostre e bancarelle nell’abitato, nonché nell’esibizione serale di concerti bandistici e spettacoli.

Ma il momento più atteso, come un indispensabile rito di chiusura della festa, arrivava, nel tardo del suo ultimo giorno, con il rumoroso e variopinto “sparo” pirotecnico ad opera di “fuochisti” in gara.

Era questo l’evento culminante, senza il quale la festa non si poteva ritenere completa e che tutti attendevano per assistervi con incantata ammirazione che si aveva dopo ogni esplosione in aria delle ben note e ripetute “granate”.

In questa circostanza, tutti i cittadini, come per magia, ad un tratto si ritrovavano bambini desiderosi di godersi quel finale divertimento; prima del quale non si poteva, ovviamente, andarsene a dormire.

Quando questo magico momento diveniva imminente, se ne udiva l’annuncio da un improvviso “colpo scuro” che provocava uno strano fremito di ansiosa attesa e che metteva tutti a tacere ed a guardare in aria, magari senza ancora aver capito in quale direzione.

D’improvviso gran parte dell’illuminazione festiva veniva spenta, per realizzare – si diceva – una più efficace visibilità dello spettacolo, che sarebbe subito dopo iniziato; ed intanto le bancarelle, fortemente illuminate con lampade ad acetilene, e i giuochi della festa accennavano già a chiudere le loro strutture.

Poi finalmente le granate luminose, l’una dopo l’altra, salivano verso l’alto, esprimendosi con una pioggia di colori; si aprivano ad ombrello di luccicanti stelline e però si spegnevano rapidamente con l’avvicinarsi a terra. Era un ripetuto spettacolo da tutti già goduto nei precedenti anni, ma pur sempre accolto come nuovo, capace così di strappare ancora, agli incantati compaesani, applausi di apprezzamento.

Era un evento necessario per concludere, in bellezza ed ancora una volta, quella festa attesa e puntualmente ritornata, che pur lasciava un certo disappunto, un po’ infantile, come per tutte le cose quando di esse si avvicina la fine.

Ma era anche uno speranzoso appuntamento per poter ancora, per l’avvenire, gioire di nulla.

Un isolato “colpo scuro”, annunciava la conclusione di quella breve spensieratezza, mentre tutti, dopo aver tenuto per quasi un’ora il naso all’insù, si affrettavano a rientrare, ad ora ormai inoltrata, nelle loro abitazioni.

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