Atripalda e la passione per il calcio favorita da una “palla di pezza”

Molti anni or sono v’erano ancora i postumi del secondo conflitto mondiale da poco cessato; mancava tanto alla vita, che voleva tuttavia ripartire. Era ancora rara e costosa perfino la gomma, che occorreva per realizzare anche un semplice palla da gioco. Si rimediava, quindi, per risparmiare, confezionando la nota “palla di pezza”, fatta con una vecchia calza imbottita di stracci ben compressi e poi adibita a protagonista di accaniti incontri di calcio, improvvisati tra noi ragazzi dell’epoca su qualche piazzola utilizzata come un immaginario campo da gioco, spesso provocando anche le ire di taluni da ciò puntualmente infastiditi. Ma la giovanile passione sportiva non desisteva e le “partite” si ripetevano ad ogni angolo come unica risorsa di svago praticabile.

Trascorse tuttavia il tempo e col sopraggiunto “miracolo economico” cominciarono a circolare a discreto prezzo, anche palline di gomma, di cui qualche fortunato coetaneo era già divenuto possessore e come tale da noi “corteggiato” perché ne desse disponibilità anche ai compagni finalmente in sostituzione alla palla di pezza, come per un autentico salto del progresso.

Poterono così continuare gli incontri sportivi, adesso divenuti anche più impegnativi per l’elasticità frenetica di quella “nuova” palla da gioco, nonostante le sue minuscole dimensioni. E ben presto una vera passione per il calcio esplose nel Paese, sì che si iniziò ad adibire, con o senza permesso, addirittura lo spazio pubblico della piazza Umberto I, non ancora pavimentato e di lì a poco destinato a diventare il salottiero “passiaturo” atripaldese. In tale improvvisato stadio, per vere e proprie partite di calcio, ufficiose ed amichevoli, si installarono, a volte, anche i pali di rudimentali porte da rimuovere subito dopo; ed apparvero in campo giovani (non più ragazzi) dalle sembianza di autentici calciatori, con indosso magliette e pantaloncini quasi regolamentari, che rivelarono (almeno così ci sembrò) autentiche doti di valorosi sportivi. Eccellevano essi tutti, ma furono specialmente da ricordare almeno un possente ed applaudito attaccante (che poi continuò la carriera) ed un abile ed apprezzato rifinitore di azioni meritevoli di andare in goal. L’entusiasmo da loro suscitato in noi spettatori era dovuto principalmente al fatto di veder gareggiare ( e magari vincere) nostri autentici e conosciuti compaesani, e per giunta nella nostra piazza principale. Non si poteva quindi desiderare ed ottenere di meglio. Perciò questi giocatori, nell’immaginario di noi tifosi, divennero subito idoli, anche se fatti in casa.

Intanto, coerentemente, era “cresciuta” anche la palla da gioco, poiché alla originaria “pallina” di gomma era poi subentrato un vero “pallone”, di dimensioni ufficiali, inizialmente costituito da camera d’aria gonfiabile in un involucro sferico di cuoio da chiedere abilmente con apposito laccio ( somigliante a quello di una scarpa) ed infine da un unico oggetto moderno, a pois, già pronto per l’uso.

I tempi progredirono veloci (com’è inesorabile) e noi potemmo constatare che Atripalda ora possedeva anche una autentica “Associazione Calcio”, nella quale lo Sport era ufficialmente perseguito e poi addirittura un proprio campo sportivo (il “Valleverde”) per tutte le relative attività.

Il nome del nostro Paese cominciò così a comparire, sempre più di frequente, anche in “locandine” ufficiali di partecipazione a gare e campionati, sia pure di modesta qualificazione ma comunque adeguati per poter sostenere vanto ed orgoglio campanilistici per questo progresso sponsorizzato da quella lontana palla di pezza!

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