La mia testa non è mai “in bonaccia”

(F.G.) Per l’importanza che riveste e la sostanza che condividiamo appieno, collochiamo volentieri nello spazio degli Editoriali il “pezzo” di Clara Spadea.

– di Clara Spadea –

La mia testa, per costituzione, difficilmente è “in bonaccia”. Piuttosto la definirei iperattiva, con i suoi pensieri continui e indisciplinati.

In questi giorni, ad esempio, rifletto spesso sulla nostra Italia che, da una parte, come gli altri Stati europei, rifornisce di armi l’Ucraina, per sostenerla nella guerra assurda ancora in atto, per farla difendere da chi butta bombe e distrugge, e per far sì, d’altra parte, che distrugga a sua volta città e palazzi russi; dall’altra, promette, sempre all’Ucraina, aiuti economici per ricostruire ciò che al momento viene bombardato e distrutto.

Lo sappiamo bene: sono oramai più di cento giorni di guerra, durante i quali non si sbriciolano solo palazzi, ma purtroppo anche vite; per lo più quelle di anziani e bimbi rimasti abbarbicati alle proprie case, alle proprie storie, come se questo potesse salvarle dalla furia bellica.

Ma poi, quanto nostro dolore dedichiamo, prima di voltare il nostro sguardo altrove, alla morte di persone così lontane da noi e di cui non sappiamo neppure il colore degli occhi o dell’anima?

Ed è forse un colore diverso rispetto a quello di chi soffre e muore qui da noi ? Quello, ad esempio, dei padri di famiglia che in questa società malata e precaria non sanno giustificare ai propri cari la mancanza di lavoro, la loro conseguente resa, il perchè della dignità calpestata?

Una società sempre più individualista, a tratti cattiva, fatta di aggressioni verbali o di silenzi colpevoli, di palesi tentativi volti a svilire qualsiasi ingombrante operato altrui, flagellata dagli echi della guerra, della pandemia, dalle crisi di governo, da un clima adeguatosi perfettamente agli eccessi dell’uomo moderno, insomma flagellata da una miriade di problemi.

Non ultimo anche quello del divulgarsi della delinquenza minorile con le ccdd. baby gang, arrivate persino in una piccola città di provincia come la nostra! Del resto, si sa, la “malerba” è un fenomeno negativo e tenace che sa proliferare velocemente su larga scala!

Sociologi e filosofi discettano da un po’ su questo ulteriore problema sociale e qualcuno ne individua, sia pure invano, le cause che, manco a dirlo, hanno radici innanzitutto nel nuovo formato delle famiglie moderne, oltre che, probabilmente, nell’aggressività e nel forte individualismo elargiti dai social, dal web e dalla politica stessa, dall’indifferenza e la superficialità verso i problemi altrui e così via.

Anche queste nuove forme di teppismo o bullismo, come dir si voglia, agitano l’iperattività dei miei pensieri, dal momento che trovo insopportabile scoprire nei ragazzini/e di giovanissima età depravazioni come la vigliaccheria e la violenza messa in atto, con la forza del gruppo, a danno di anziani o di singoli inermi coetanei.

Una cosa è certa: attualmente tutti ci impegniamo ad assicurare ai nostri figli la bellezza di luoghi, vacanze e abbigliamento , l’apparente perfezione di volti e corpi… Ma questo, di certo non può bastare.

E mi accorgo all’improvviso che ovunque sono diventati invece rarità i gesti fatti di dolcezza, di comprensione, di condivisione disinteressata, di sguardi capaci di attraversare l’anima, di amore equilibrato.

Sì, sono davvero troppo pochi per riuscire a formare in modo sano i giovani, per trasmettere, e non solo a loro, sentimenti lontani da violenza e da aggressività gratuite.

Dovremmo tutti impegnarci a lasciare nel mondo, anche in ordine sparso, più gesti semplici ma fatti di dolcezza. E dovremmo, in uno, coltivare la capacità di notarli, per far sì che questa società oberata da problemi sempre più complessi e incalzanti non infesti in modo irreparabile il buono che è in noi, ma ci dia piuttosto la forza di combatterli.

Io provo quotidianamente a coltivare questa capacità. Così, per non inaridirmi e per sopravvivere, nonostante tutto, in un mondo che voglio immaginare più piacevole, faccio incetta di cose belle che sono intorno a me e anche di bei gesti, quelli puri, gli unici che mi trasmettono belle sensazioni.

Apprezzo così, ad esempio, un giovane padre, costretto dal lavoro a viaggiare di continuo, che ho visto, nei suoi pochi giorni di ferie, chino sul passeggino con gli occhi pieni d’amore, per incamerare tutta la bellezza del suo bambino, godere dei suoi sorrisetti e gorgheggi.

Apprezzo chi mi accoglie sempre con un sorriso e si occupa dei miei problemi, mettendo subito da parte i suoi.

E mi viene in mente altresì una coppia di anziani che nei giorni di grande afa ho visto sfidare le alte temperature tenendosi per mano, sicuri così di poterle affrontare, inconsapevoli della bella immagine che stavano mostrando a me, ma chissà a quant’altra gente .

Mi accorgo che basterebbe poco per manifestare ai più giovani un’idea della bellezza vera, della dolcezza, di quelle cose che non si comprano ma potrebbero nutrire in modo sano la loro anima!

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