I viaggi della speranza, al Sud

(F.G.) Per l’importanza che riveste e la sostanza che condividiamo appieno, collochiamo volentieri nello spazio degli Editoriali il “pezzo” di Clara Spadea

– di Clara Spadea –

Il quotidiano Il Mattino di Napoli il 24 agosto scorso ha riportato la notizia del neonato di appena 5 giorni, il piccolo Philippe, che da Parigi è stato portato dai suoi genitori in Italia per essere operato al Policlinico Federico II di Napoli per una rara malformazione congenita alle vie urinarie evidenziata da un’ecografia prenatale durante il quinto mese di gravidanza della madre.
Di conseguenza già prima della nascita i genitori hanno cercato, attraverso i motori di ricerca di cui oramai disponiamo, quale fosse il centro più avanzato in Europa specializzato per questo tipo di problema pediatrico. E tale è risultato essere Il Policlinico Federico II di Napoli, dove, così, il neonato è stato operato con avanzate tecniche endourologiche, con l’uso della tecnologia laser e quindi dimesso dopo soli 3 giorni.
È questa una di quelle notizie di cronaca che difficilmente passano inosservate; innanzitutto perché è per me particolarmente doloroso sentire di bambini che già nei primi mesi o addirittura nei primi giorni di vita sono costretti ad entrare in una sala operatoria a causa di gravi problemi di salute, vivere tra tubicini e flebo in una anonima culla di ospedale, invece di godere del calore e del sicuro abbraccio materno, di respirare l’odore inconfondibile e tranquillizzante della loro mamma, vivere le prime esperienze attraverso i suoi occhi, ascoltare sue filastrocche cantate sottovoce.
Il piccolo Philippe mi ha portata ad un tempo lontano, quando cioè la mia famiglia viveva la stessa sventura per un problema congenito di mio figlio, per fortuna felicemente risolto. Era il 1987, non esistevano gli attuali motori di ricerca capaci di dare risposte immediate, ma, sia pure attraverso canali differenti, anche noi cercammo informazioni su quale fosse il centro di eccellenza al quale affidare il nostro bambino in vista dell’intervento che doveva subire a soli otto mesi. E così ci catapultammo a Parigi, all’Hopital des Enfants malades, dove trovammo tanta professionalità, nei medici e negli infermieri, ma anche difficoltà dovute al dover affrontare questa esperienza in un paese straniero e, quindi, con problemi di comprensione per via della diversa lingua oltre che per la mancanza di un qualsiasi sostegno psicologico che in simili casi può dare invece la vicinanza delle persone care, tanto più che all’epoca non esistevano ancora neppure i cellulari.
Ricordo che ogni volta che dall’albergo mi recavo alla struttura ospedaliera mi imbattevo in una frotta di gente che si muoveva gioiosa e rumorosa come un’onda Chicama, ovvero l’onda più lunga del mondo. Ma era questa un’immagine ai miei occhi completamente discrepante con quanto poi trovavo appena varcata la soglia dell’ospedale: come poteva esserci tanta gioia frizzante e musicale per strada, mentre al di là di un muro, in pieno centro, vi erano numerosi bambini ricoverati con problemi seri e spesso lasciati necessariamente da soli in una capitale straniera? Confesso che questa sensazione dolorosa mi è rimasta per sempre cucita addosso ed ho impiegato un po’ di tempo per comprendere il duro aspetto della realtà contro il quale poi ci si imbatte più volte forse tutti.
Certo è che in quell’ospedale dalle regole rigide, portammo un po’ di “aria e calore del profondo sud”, visto che più o meno eravamo, ed io in particolare, gli unici quasi a sfruttare ogni istante consentito per stare con nostro figlio, per non farlo sentire abbandonato e per condividere questo calore umano anche con il piccolo Frederic, un bambino di circa 4 anni che aveva subito già da un po’ un intervento allo stomaco. Era lì da solo, senza nessun familiare (come tanti di quei piccoli pazienti), ma era ben noto a tutti, forse proprio per via della lunga degenza in quel luogo; era a suo agio e si muoveva a suo piacimento per le stanze, divise tutte da vetri e non da muri, probabilmente affinchè il personale paramedico avesse un controllo immediato e continuo dei piccoli ricoverati. Nonostante vivesse in un ospedale da tanto e avesse subito un importante intervento per via del quale poteva nutrirsi solo attraverso una sacca che gli veniva collegata ad orari determinati, Frederic era un bambino curioso e allegro come solo i bambini sanno essere; era ben visibile il piacere che provava nel venire di continuo nel nostro box, dove forse respirava un’aria che gli riportava alla mente il significato di “famiglia”. E noi stessi, mio figlio in particolare, eravamo contenti di ritrovarlo ogni giorno, di scambiare con lui, in un modo o in un altro, chiacchiere e giocattoli, come fosse uno di noi oramai!
Dunque è innegabile l’immensa professionalità riscontrata in quell’Ospedale parigino. Ma ricordo perfettamente anche i disagi cui si va incontro in simili casi, quando cioè si è costretti ad andare fuori dall’Italia per trovare l’eccellenza sanitaria che ognuno di noi meriterebbe all’occorrenza.
È per questo che la notizia apparsa su Il Mattino mi ha provocato anche molta soddisfazione e grande orgoglio. È bello sapere che il nostro martoriato e a volte criticato Sud possa vantare il primato in alcuni importanti settori nel campo medico come quello che costituisce oramai una realtà innegabile nell’Università Federico II di Napoli. Abbiamo Professori, e non solo nel reparto pediatrico, che hanno saputo raggiungere un alto grado di specializzazione nelle tecniche d’avanguardia con grande maestria, sino a diventare punto di riferimento non solo per i nostri giovani laureandi ma addirittura per le realtà ospedaliere straniere, anche d’oltre Manica.
È un bene per tutti che la Sanità funzioni e che dia garanzie di alta professionalità. È un bene o forse un diritto poter affidare, soprattutto, i bambini, ove malati, a strutture specializzate dove, perché no, si parli la stessa lingua, si abbiano gli stessi valori, si possa trovare quel calore umano che solo la tua terra sa darti.
Ed è bello essere orgogliosi delle cose che funzionano anche qui da noi, al Sud, sapere che ci sono professionisti che trasmettono il loro sapere e le loro tecniche in ogni angolo del mondo!
Sì, succede qui al Sud: il Policlinico Federico II di Napoli è un’eccellenza riconosciuta ovunque!

 

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