La salvezza di Sidigas segna la sua fine: il concordato prevede la messa all’asta delle reti
La nuova amministrazione giudiziaria ha presentato al tribunale il concordato, per ora in bianco, per evitare il fallimento. Ma il piano di risanamento che verrà illustrato nei dettagli in un secondo momento, propone una strada senza alternative, vista la mole di 200 milioni di euro di debiti che grava sulla società: cedere le reti all'asta al miglior offerente

Il salvataggio della Sidigas decreta allo stesso tempo la sua fine. E’ la sintesi di quanto emerso nell’udienza che si è svolta presso il tribunale fallimentare, chiamato a valutare l’ultima istanza di liquidazione giudiziale presentata dalla procura di Avellino, convinta che Sidigas sia una società senza più futuro, incapace di soddisfare creditori ed erario.
Il tribunale ha accolto per il momento la proposta di concordato in bianco presentata dalla nuova amministrazione giudiziaria, guidata dal custode giudiziario Lorenzo Palmerini; i giudici si sono riservati la decisione sull’accettazione del concordato, scelta che dovrebbe avvenire nei prossimi giorni.
A quel punto Palmerini entrerà nel dettaglio del piano di risanamento, già approvato dal gip del tribunale Marcello Rotondi lo scorso 31 gennaio, che prevede, spiega lo stesso Palmerini contattato telefonicamente, “la valorizzazione di tutti gli asset dell’azienda in continuità indiretta”. Ed essendo rimasti in mano alla Sidigas, dopo la cessione del settore commerciale a Iren, solamente le reti, valorizzare significa cedere quest’ultime al miglior offerente attraverso un’asta pubblica. Non c’è altra strada, al punto in cui si è arrivati, per soddisfare i creditori.
Sidigas conta infatti ad oggi un monte debiti monstre che supera i 200 milioni di euro, 35 nei confronti dell’erario, il resto è da restituire a fornitori e Arera. E la società, non più in grado di produrre grossa liquidità, non ha alternative se non la cessione del suo asset principale, ovvero reti e infrastrutture.
L’amministrazione giudiziaria ha già spiegato questo percorso al gip del tribunale, nella scorsa udienza svoltasi in contraddittorio con l’ex patron di Sidigas Gianandrea De Cesare, che al termine non ha potuto fare altro che prendere atto della strada intrapresa, non essendo stato in grado di offrire una alternativa valida e convincente. Non è andata a buon fine a De Cesare nemmeno l’ennesima istanza di dissequestro delle sue quote; non a caso nell’udienza odierna l’imprenditore partenopeo ha fornito il suo avallo al concordato in bianco presentato da Palmerini, primo passo del piano di risanamento presentato il 31 gennaio.
Dal momento in cui il tribunale fallimentare darà il via libera al piano di concordato Palmerini e il nuovo cda di Sidigas avranno 60 giorni di tempo per presentare i dettagli del piano industriale che prevede principalmente la messa all’asta delle reti; ci sarà quindi la gara e il miglior offerente si aggiudicherà le infrastrutture garantendo la continuità delle concessioni, la funzionalità delle reti e la tutela di tutti i dipendenti.
L’obiettivo minimo è quello di riuscire a ricavare almeno 60 milioni di euro dalla cessione, garantendo in parte i creditori; una cifra che si basa sull’offerta presentata, per l’acquisto delle stessi reti, da Angelo Antonio D’Agostino, che dunque se vorrà diventarne titolare dovrà partecipare all’asta e provare a vincerla; gara pubblica aperta ai colossi e alle multinazionali del settore e a cui potrà presentarsi anche De Cesare, alla guida o come rappresentante di un’altra società.
Al termine della partita, Sidigas sarà un’azienda ripulita da tutti i debiti ma allo stesso tempo senza più asset né liquidità. Mentre sarà un’altra società ad occuparsi del futuro della distribuzione del gas in provincia di Avellino
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