IL CORSIVO – Il Pd secondo il Vangelo Cgil

L’arte sindacale di dire una cosa o un’altra a seconda delle convenienze politiche del momento, ovvero l’arte di parlare a vanvera confidando (sbagliando) nella presunta scarsa memoria dei cittadini elettori. Un assaggio fresco di settimana. In vista della terza manifestazione nazionale di Cgil-Cisl-Uil contro le politiche economiche e sociali del governo Meloni, il segretario generale della Cgil Campania, Nicola Ricci, ha rilasciato una lunga intervista al Corriere del Mezzogiorno, nel corso della quale ha detto tra l’altro: “Il Pd deve tornare ad essere il partito dei lavoratori. In Campania e nell’area partenopea con Misiani e Annunziata (entrambi “casualmente” ostili a De Luca, ndr) già va molto meglio”.
Ora, a prescindere dal fatto che appare davvero molto poco carino che un sindacalista dica al Pd (o a qualsiasi altra forza politica) cosa debba o non debba essere, potrebbe Ricci, di grazia, illuminarci su quando e con quale segretario, dacché è nato, il Pd abbia potuto correttamente definirsi il “partito dei lavoratori”? Per caso con l’intelligente, preparatissimo, sensibilissimo, “perbenissimo” ma pur sempre “aristocratico” Walter Veltroni? Forse con l’ecumenico Franceschini che, invero, “compagno” (si fa per dire!) è diventato soltanto recentemente con la scoperta della Schlein? O con le divertenti “mucche nel corridoio” di Bersani? Magari con il conferenziere superpagato Renzi? Chissà, anche se nessun “lavoratore” in senso comunista se ne accorse, il Pd fu il partito agognato dal leader campano Cgil con le reggenze di Epifani prima e di Orfini dopo? Ma va là: da Franceschini in poi, il Pd è stato sempre un Pd in cerca di identità, ossia né carne né pesce.
Ma continuiamo a riflettere: è stato, il Pd, partito dei lavoratori con il simpatico Zingaretti, magari coadiuvato nell’interpretazione della parte dal commissario caro a Camilleri? Decisamente no: non lo diciamo nemmeno per scherzo, a meno che non si vogliano generosamente distribuire attimi d’ilarità alle persone di buon senso.
Un dubbio atroce: vuoi vedere che, a sua stessa insaputa, Ricci si riferiva all’ultimo segretario prima dell’arrivo della Messia Schlein? Impossibile! Anche a voler estorcergli un Sì con il cannone alla tempia, mai e poi mai Enrico Letta avrebbe potuto guidare un “partito dei lavoratori” in senso Cgil: al pari di Veltroni, infatti, Letta è intelligentissimo, preparatissimo, sensibilissimo, “perbenissimo”, epperò politicamente aristocratico nel Dna perfino più di Zio Gianni: con l’aggravante che gli è sempre mancato il coraggio di fare un passo, non più lungo, ma almeno a misura della sua gamba.
E allora, Ricci, come la mettiamo? Non sarebbe preferibile che la Cgil facesse la Cgil e il Pd facesse il Pd senza reciproche ingerenze, e ciascuno badando piuttosto a fare bene il proprio mestiere?

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