Puccini, i giovani, la salvezza

Nel centenario della morte del grande compositore Giacomo Puccini, ho partecipato ad una serata molto speciale che lo ha celebrato nella storica cornice del Teatro Carcano di Milano.

Mercoledì 3 aprile 2024, l’Associazione Nazionale Lirica Domani, con la partecipazione dell’Orchestra Sinfonica Dei Colli Morenici e il Coro Lirica Domani, diretti dal marstro Filippo Dadone, ha messo in scena una “Boheme” interpretata dai vincitori del XV concorso lirico internazionale “Magda Olivero”.

La selezione di voci eccellenti e l’intenso lavoro svolto dalla giuria, hanno portato alla proclamazione di nuovi talenti che hanno reso possibile una performance di altissimo livello.

Tra gli interpreti, Marina Shakhdinarova nel ruolo di Mimì, Airi Sunada in quello di Musetta, Vincenzo Spinelli nel ruolo di Rodolfo e Jung Jaehong in quello di Marcello.
La regia di Aldo Masella, supportata dall’aiuto regista Paola Pellegrino, hanno contribuito al successo di uno spettacolo acclamato e applaudito da un Carcano “tutto esaurito”.

I quattro interpreti, di diverse nazionalità, si sono rivelati,oltre che talenti, dei grandi professionisti.
Ma ciò che ha colpito sia me sia il pubblico presente, è stata la percezione di un comune sentimento di orgoglio e fierezza che si sono propagati dalle loro potenti voci, dall’intensità espressiva di ciascuno di loro, da un’emozione da debutto trasformatasi in complicità, armonia, presenza scenica impeccabili.

Quando si pensa all’Opera pucciniana, ci si cala immediatamente nei panni degli eroi, delle eroine, dell’eros, della passione. Il leit motiv della malattia che sconvolge la spensieratezza e il fil rouge del romanticismo si fondono con quello dello struggimento, dell’amore puro, dei sentimenti prepotenti, della gelosia, del desiderio di morte, del coraggio.

Nella Boheme di questi quattro ragazzi esordienti è stato proposto un Puccini all’ennesima potenza.
L’idillio, l’esuberanza, la spensieratezza della giovinezza; la fame, la precarietà, il freddo, la miseria, sono stati rappresentati con autentica maestria. Sogni, speranze, delusioni, tutto magistralmente proposto nel rispetto dell’intenzione del compositore.
Si tratta di un’ eredità che questi giovani esordienti hanno sentito come responsabilità, onore, privilegio, a prescindere dalla loro personale esibizione. Hanno saputo “maneggiare” l’Opera con estrema cura e dedizione, a testimonianza del fatto che la lirica vive, pulsa, bussa alla porta delle nuove generazioni e viene accolta con fervore, serietà, passione.

È stata la prima volta nella mia vita in cui ho assistito ad un’Opera importante come “La Boheme” interpretata da giovani pressoché sconosciuti. Onestamente, ne sono uscita sollevata.

Ho bisogno di questi segnali, sento la necessità di avere la conferma del fatto che un certo genere di arte venga ancora nutrita e sostenuta, proposta e promossa, non solo dalle istituzioni ufficiali come i grandi teatri dell’Opera, ma anche da una rete che parta dal basso, dal quotidiano, dalla formazione, da ambienti non necessariamente “aulici”.

Il teatro, il canto, la nostra tradizione musicale, rappresentano una proposta imprescindibile nella formazione dei giovani e una nobile opportunità di crescita intellettuale e spirituale anche per gli adulti alla ricerca di motivazioni o di sollievo dal quotidiano, dai momenti di crisi e di difficoltà.
Il teatro, l’Opera, svegliano sogni dormienti, svelano emozioni, smuovono l’immaginazione, regalano sorpresa inaspettate.

Sono uscita da quel teatro con spirito gioioso, tacitamente condiviso attraverso gli applausi, i cori di approvazione “bene!”, “bravi!”, gli sguardi incrociati e complici di un pubblico soddisfatto e appagato che, mentre lasciava ordinatamente le comode poltrone vellutate, sembrava cantasse all’unisono:
” Evviva! Siamo salvi!”

I commenti sono chiusi.