60enne di Pratola Serra, dipendente dell’ufficio Cup dell’ospedale “Moscati”, prosciolto dall’accusa di violenza sessuale perché il fatto non sussiste

In occasione della celebrazione dell’udienza preliminare, il Gup del Tribunale di Avellino decide di non rinviare a giudizio l’uomo ritenendo , sulla scorta delle indagini svolte, manifestamente inverosimili le accuse mosse dalla 33enne di origini albanesi residente a Mirabella Eclano. La stessa , costituitasi parte civile nel corso del procedimento, aveva anche richiesto la citazione dell’Azienda ospedaliera “Moscati”come responsabile civile.

In merito al nostro servizio andato in onda in 21 agosto del 2021, riceviamo e pubblichiamo:

“In occasione della celebrazione dell’udienza preliminare, il Gup del Tribunale di Avellino decide di non rinviare a giudizio l’uomo ritenendo , sulla scorta delle indagini svolte, manifestamente inverosimili le accuse mosse dalla 33enne di origini albanesi residente a Mirabella Eclano. La stessa , costituitasi parte civile nel corso del procedimento, aveva anche richiesto la citazione dell’Azienda ospedaliera “Moscati”come responsabile civile

Quasi tre anni trascorsi con l’onta di un’accusa infamante, quella di aver molestato una donna recatasi al CUP dell’ospedale “Moscati” per effettuare una prenotazione. Accusa che, a dispetto di quanto veicolato dalla bulimia informativa delle prime ore, non ha trovato nessun  riscontro nelle indagini condotte dalla polizia giudiziaria e dalla difesa, rilevandosi totalmente falsa e che l’imputato, difeso dall’avvocato Carmine Anzalone, aveva sempre respinto con forza .                                                                                                              Ma procediamo con ordine. L’episodio di  presunta violenza risale al 20 Agosto 2021 quando una donna, una 33enne di origini albanesi residente a Mirabella Eclano, accusava di violenza sessuale un dipendente dell’ufficio CUP dell’azienda ospedaliera “Moscati”, il quale l’avrebbe condotta in una stanza chiusa e senza finestre con la prospettiva di una corsia preferenziale per alcune visite specialistiche che non potevano concludersi allo sportello. Una volta all’interno dello stanzino, la donna avrebbe compreso le reali intenzioni dell’uomo ed, urlando, avrebbe attirato l’attenzione dei dipendenti, i quali precipitatisi avrebbero evitato il peggio fino all’arrivo degli agenti della polizia. Una ricostruzione che sembrerebbe non lasciare spazio a dubbi, se non fosse per il fatto che non c’è nulla di veritiero.  Non sono state  le visite specialistiche a costituire oggetto della richiesta. Nessuna richiesta di aiuto è stata udita dai dipendenti presenti i quali non hanno trattenuto il collega né soccorso la donna, il cui stato di agitazione sarebbe comparso successivamente all’aggressione del dipendente da parte del coniuge della querelante. Viepiù , non esiste lo stanzino descritto nel punto indicato dalla presunta vittima!                                                                               Quello che è emerso, secondo quanto ricostruito dalle indagini difensive e stabilito nel corso del procedimento, è una storia tutta al contrario che ha portato il Gup del tribunale di Avellino,  dott.ssa Francesca Spella, a pronunciare sentenza di non luogo a procedere. Oltre all’assenza di riscontri oggettivi e soggettivi, molteplici sono state le criticità portate all’attenzione dell’autorità giudiziaria procedente dalla difesa, le cui indagini, come si legge in sentenza, hanno profondamente minato la credibilità della presunta vittima, mettendo in rilievo una dinamica dei fatti obiettivamente poco credibile. Innanzitutto, il contenuto delle dichiarazioni rese dalla donna nelle varie occasioni che si sostanzia in un coacervo accusatorio caratterizzato da forti contraddizioni relative non solo al modo in cui gli eventi si sarebbero verificati, ma anche al luogo teatro di tutta la vicenda, per cui un’iniziale doglianza per una presunta affermazione del dipendente allo sportello sarebbe divenuta, nelle successive occasioni di contatto con la polizia, dapprima, un tentativo di abbraccio e poi palpeggiamenti all’interno di un luogo buio e chiuso dell’ufficio CUP del “Moscati”,peraltro non rinvenuto nei vari sopralluoghi effettuati sia dalla p.g. che dai consulenti di parte. A rendere poco credibile le accuse mosse al dipendente, inoltre, è stata la ristretta forbice temporale, tempo al quale la difesa è risalita estrapolando ed analizzando la quadratura contabile dal computer della postazione di lavoro del dipendente. Una fitta sequenza di atti ed eventi, quelli descritti dalla donna, che nemmeno a forza riescono a collocarsi nei 2 minuti che residuano tra una prestazione e l’altra. Probabilmente la giovane donna non immaginava che la giornata lavorativa del dipendente fosse scandita così dettagliatamente nei tempi! Tanti gli elementi, dunque, che, uniti al contributo testimoniale dei soggetti presenti, sono stati determinanti nella ricostruzione degli eventi che appare così disallineata rispetto a quella che sembrava profilarsi in un primo momento sulla scorta delle dichiarazioni della querelante e che hanno spinto il Gup del Tribunale di Avellino, nell’udienza dell’11 Aprile, ad emettere sentenza di non luogo a procedere con formula assolutoria piena, perché il fatto non sussiste . Risultato soddisfacente per la difesa che si è avvalsa dei contributi peritali dell’ingegnere Alessandro Lima e dell’ingegnere Roberto Porto nonché della consulenza investigativa del dott. Antonio Pagliuca e che potrebbe continuare nel solco delle denunce sporte, all’epoca dei fatti, per calunnia ed aggressione  dal dipendente nei confronti,rispettivamente, della donna e del coniuge.”

 

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