Una mamma, due gemelli con la fibrosi cistica: storia di un amore infinito
La lettera piena di forza e coraggio di Sara Solimene, 38enne, irpina di Serino, madre di due stupendi gemelli di otto anni affetti da fibrosi cistica, gravissima malattia genetica con la quale i fratellini convivono dalla nascita. Una lezione d'amore profondo

(FRANCO GENZALE) – Per la rubrica settimanale “Persone”, che andrà in onda queste sera alle 22.30 su Irpinia Tv, ho intervistato Sara Solimene, 38enne, irpina di Serino, madre di due stupendi gemelli di otto anni affetti da fibrosi cistica, gravissima malattia genetica con la quale i fratellini convivono dalla nascita. Qui di seguito trovate la nota che avevo chiesto alla Signora Sara come traccia per raccontare in tivvù la sua dolorosa vicenda umana. Ne sono rimasto profondamente colpito, e mi sono fatto autorizzare a condividere con voi il senso dell’amore infinito di una Mamma per i suoi sfortunati figlioletti.
– di SARA SOLIMENE –
Mi chiamo Sara Solimene, ho 38 anni e sono nata ad Avellino, il 20\02\1982.
Ho vissuto un’infanzia molto spensierata, fatta di tanti sorrisi, quelli tipici dei bambini, che nascono con poco e per nulla…
Ho sempre avuto un legame molto forte con la mia mamma Rita, che purtroppo è venuta a mancare a causa di un pluri sarcoma. Io avevo 18 anni.
Anche se mi era crollato il mondo addosso, mi sono data da fare per completare gli studi superiori.
Subito dopo il diploma, avrei voluto continuare i miei studi universitari con indirizzo infermieristico, ma mio padre nel frattempo aveva perso il lavoro a causa del fallimento dell’azienda per la quale lavorava da oltre 30 anni.
Per potermi mantenere, ho iniziato a cercarmi i primi lavori di fortuna, con la speranza e l’intento di riuscire a conciliare studio e lavoro.
Ho provato varie volte a fare i test di accesso alla facoltà, ma in effetti il tempo era davvero poco per riuscire a studiare: lavoravo, mi occupavo della casa, di mio padre e avevo 3 nonni in vita da aiutare. Dovrei scrivere un libro per raccontarvi tutto il resto…
A 29 anni conosco Donato su facebook. Nonostante fossimo dello stesso paese, non ci eravamo mai visti prima. Io in quel periodo lavoravo in un call center e nei weekend come cameriera in un agriturismo, lui aveva una piccola attività propria, di commercio al minuto. Io vivevo da sola in un appartamento della casa di proprietà di mia madre. In un mese si è trasferito a casa ed è cominciato il nostro percorso insieme e dopo pochi mesi ero incinta. Eravamo felicissimi, non dimenticherò mai gli occhi di Donato quando ha saputo che aspettavamo due gemellini! Era il nostro sogno che diventava realtà! I mesi della gravidanza procedono più o meno tranquilli.
Il 25 agosto 2012 nascono Francesco e Costantino, due splendidi bimbi con gli occhioni azzurri. In quel momento ho provato di nuovo cosa fosse l’amore incondizionato.
Un giorno ricevo una telefonata dall’ospedale di Napoli e una dottoressa comincia a parlarmi di una malattia, la fibrosi cistica, della quale erano probabilmente affetti i miei bambini.
Da lì è cominciato il periodo più buio della mia vita, ricordo solo i miei pianti di dolore e le preghiere che facevo a quel Dio, al quale non sapevo più se credere o no, di non far soffrire i miei bambini! Il primo anno di vita dei miei figli è passato tra ospedali, cure, farmacie, asl, presidi… e tutto ciò che mi faceva capire che era tutto più grave di quanto pensavo… Superata la fase di accettazione della malattia, e avendo accettato anche l’indifferenza delle persone che mi circondavano, mi sono rimboccata le maniche e mi sono prefissata un obiettivo preciso: quello di far conoscere la malattia ai miei figli e alle persone che li vedevano così belli, vivi e allegri. Perché la fibrosi cistica è una malattia invisibile! Costantino e Francesco oggi hanno 8 anni e sono due bambini monelli, felici e serenamente consapevoli della loro malattia. Essere madre di bambini “speciali”, come li chiamo io, non è la cosa più difficile al mondo, la cosa più difficile credo sia restare, esserci, sentire di non poter risolvere niente eppure trovare la forza di rimanere, impotente, ed offrire le tue braccia e la tua presenza. Vi assicuro che l’amore è la cura più potente che possa esserci, ho imparato che l’amore della famiglia, il “nido”, scalda ed unisce sempre, anche quando ti tolgono la libertà. Le nostre prospettive per il futuro sono quelle di poter accedere alle cure, perché io e mio marito ci abbiamo messo l’anima e tutte le forze, per costruire fondamenta solide. È stato bello ma non facile riassumere in poche righe la mia vita. Grazie.
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