UN RINASCIMENTO IRPINO SPINTO DAI GIOVANISSIMI

Nel Tg d’Irpinia Tv di venerdì scorso, il collega Amedeo Picariello ha proposto un servizio che racconta il quadro drammatico dei disoccupati irpini alla ricerca di un primo lavoro e dell’esercito, altrettanto numeroso, di chi il lavoro ha smesso di rincorrerlo, tante sono state le porte delicatamente chiuse o cinicamente sbattute in faccia, come usa dire.

Numeri da capogiro: in una provincia che fino a dieci anni fa aveva circa 430 mila abitanti, e che ora ne conta 380 mila approssimati per eccesso, disegnano un quadro decisamente drammatico i 94.307 residenti in provincia di Avellino, pari al 25 per cento dell’attuale popolazione, con la qualifica di disoccupati o inattivi. Se si aggiunge che oltre un terzo di quella cifra si riferisce a giovani e giovanissimi, tradotto in termini sociali siamo di fronte alla prova inappellabile del fallimento della classe dirigente d’Irpinia.

Sgombriamo subito il campo da ogni possibile equivoco: il fallimento è dell’intera dirigenza provinciale. Quella politica ha certamente la responsabilità maggiore, perché è nelle sue mani che si concentra il massimo del potere di orientamento e scelta delle decisioni. Ma non ne sono di certo immuni le classi dirigenti del sindacato, degli imprenditori e dello stesso giornalismo: significa, a voler essere generosi, che non si è stati sufficientemente attenti per evitare una deriva di queste proporzioni. Significa, su un piano molto più realistico, che la classe dirigente politica che ci ritroviamo è probabilmente lo specchio di ciò che tutto il resto di questa provincia siamo.
Quale che sia la risposta meglio adeguata alle diverse e più ragionevoli opzioni proposte, il dato di fatto inconfutabile è che in Irpinia, qui e subito, cioè tutti e senza perdere un minuto di tempo, bisogna darsi una mossa.

Una breve digressione. Ho intervistato per la mia rubrica televisiva Persone (puntata in onda martedì 3 maggio) un ragazzo di 17 anni, Marco Basile, lo studente del Mancini di Avellino che si è classificato primo alle Olimpiadi della Filosofia. Al di là delleccellente preparazione e della rara capacità comunicativa per un giovane di quella età, ciò che mi ha maggiormente colpito è stato il ragionamento lucidissimo reso per spiegare le cause del disagio dei tanti giovani che hanno voglia di fare nel nostro attuale contesto sociale. L’interpretazione che ne ha dato è la Indifferenza della cattiva politica rispetto a tutto ciò che è cultura, ricerca, sapere.

Fine della digressione. Ho riflettuto molto su quel ragionamento, e sono giunto alla conclusione che nel caos politico, istituzionale, relazionale che ogni giorno sempre di più fa perdere colpi, occasioni e perfino dignità alla provincia irpina, un punto significativo da cui ripartire potrebbe essere proprio la rimozione della Indifferenza raccontata dal 17enne campione delle Olimpiadi di Filosofia.

Se ci pensate su un attimo, in questa provincia nessuna componente della generale dirigenza politica, sindacale, imprenditoriale, professionale assume iniziative intenzionate a promuovere il primato del Sapere come guida per affrontare e risolvere i problemi più immediati e pratici – la gestione dell’acqua, dei rifiuti, dei trasporti, della scuola, dei servizi alle imprese, del tempo libero e quindi della qualità della vita – e le questioni più complesse che riguardano la prospettiva visionaria che si vuole costruire per l’Irpinia, naturalmente avendo di mira l’obiettivo di ripopolare questa provincia prima che si arrivi al punto emigratorio di non ritorno.

Il Sapere non è merce rara nella provincia avellinese. Dal capoluogo alle altre realtà locali abbiamo intellettuali puri, ossia non gente a mezzo servizio della politica politicante, che potrebbero e vorrebbero dare un contributo per la elaborazione del miglior pensiero funzionale alla necessità di tirare l’Irpinia fuori dallo stagno in cui da troppo tempo si agita e sguazza senza riuscire, se non a prendere subito il volo alto, almeno a immaginarlo.

La realtà attuale – lo ha già scritto recentemente Mirella Napodano – è che la classe dirigente politica, ma non solo essa, guarda agli intellettuali puri, nel migliore dei casi, come se fossero marziani. Nel peggiore, con la diffidenza strumentale indotta da inguaribili complessi d’inferiorità. Ecco perché serve insistere, fare massa critica corale di denunce e di forti volontà: non per sgomitare, sostituirsi e nel frattempo demolire; ma per far riflettere, stimolare, agire, ovvero per costruire.

Io mi convinco sempre di più della necessità di coinvolgere i giovanissimi in questo progetto di Rinascimento irpino. Non è un caso che la denuncia ragionata e l’accorato implicito appello alla Politica vengano rilanciati da un ragazzo di appena 17 anni.

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