Ecco perché anche l’Irpinia deve essere rossa

Nella nostra provincia, che non è un Gran Ducato, mancano all'appello 1200 operatori tra medici di base, infermieri e personale specializzato. I posti Covid per ora ci sono ma le terapie intensive sono sature, anche perché manca il personale per attivare quelle che ci sono. Intanto, anche qui tutte le prestazioni ordinarie sono congelate. Congelati gli interventi, congelati i ricoveri, congelata l'assistenza, congelate le cure.

E adesso, verrebbe da chiedere al sindaco di Avellino, di chi è la ragione? Adesso che il Governo Conte ha fatto ciò che il Governatore De Luca chiedeva tre settimane fa, di chi è la colpa?

Ma il punto non può essere questo, il punto è che abbiamo perso tre settimane preziosissime, il punto è che l’intero sistema sanitario regionale è ormai sull’orlo del collasso. A partire da Napoli e dall’area metropolitana, dove la situazione è drammatica, sino alle nostre aree interne, sino alla nostra Irpinia. Dove mancano all’appello 1200 operatori tra medici di base, infermieri e personale specializzato. Dove i posti Covid per ora ci sono, certo, ma le terapie intensive sono sature, anche perché le dodici postazioni create, tra Sant’Angelo e Ariano, non sono attivabili, ovviamente per mancanza di personale.

Stiamo parlando dell’Irpinia che non meriterebbe la zona rossa, una provincia nella quale, come nel resto della regione, sono congelate da tempo immemore tutte le prestazioni ordinarie del sistema sanitario. Congelati i ricoveri, congelati gli interventi, congelata l’assistenza, congelate le cure. Condizione, questa, che secondo le stime determinerà, sul piano regionale, un abbassamento delle aspettative di vita di tre anni.

L’Irpinia, un pezzo della Campania che non è un Gran Ducato, che non è una Repubblica Autonoma e le cui strutture sanitarie sono a servizio di tutti i pazienti, siano essi napoletani, casertani, avellinesi

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