LA QUINTESSENZA MUSICALE

Alcune delle domande radicali dell’uomo, cui la scienza filosofica tenta di dare delle risposte, sono da tempo immemorabile riferite all’origine e alla struttura dell’universo. Dai presocratici ad Einstein, da Newton alla Fisica quantistica se n’è fatta di strada, ma oggi è curioso notare come un virtuoso chitarrista come Francesco Buzzurro si sia posto questo problema cosmologico ed abbia tentato di realizzare una sintesi poetica della metafora dei quattro elementi, elaborata a suo tempo da Empedocle da Agrigento. Secondo Empedocle, le quattro radici (rhizai): acqua, terra, aria e fuoco formano tutte le cose, governate ciclicamente a fasi alterne dalle tensioni dinamiche tra amore e discordia. Più tardi, Aristotele aggiungerà ai quattro elementi la quintessenza denominata etere, derivante dalla materia delle sfere celesti e come tale eterna, immutabile, trasparente. Nell’antichità, Pitagora ed Ippocrate in particolare apporteranno altri contributi (che vi risparmio) sul piano matematico e scientifico a questa teoria per niente ingenua, che testimonia la profonda aspirazione ad una conoscenza che vada oltre la pura apparenza delle cose e l’anelito di verità che connota da sempre la mente umana nei suoi percorsi speculativi.

Ma torniamo al musicista siciliano – improvvisatosi filosofo – Francesco Buzzurro, già chitarrista one man band dotato di una funambolica abilità, che oggi lo fa spaziare con sfrontatezza mozartiana dal classico al rock, dalla musica brasiliana al jazz in una fusion music che gli consente di ostentare e celebrare mirabilmente le sue origini isolane. Una condizione culturale che in lui produce un certo isolamento nella connotazione di consapevolezza e concentrazione identitaria, ma che da sempre nella storia ha esposto gli ‘isolani’ della Trinacria agli influssi culturali ed artistici più disparati ed intriganti. E la Sicilia è notoriamente un coacervo di culture rielaborate e metabolizzate, sedimentate nel tempo in un precipitato di influssi disparati e talvolta dissonanti, che tuttavia un fortissimo genius loci ha saputo mirabilmente rielaborare con modalità precipue ed originali.

Ma, tornando al nostro Buzzurro, notiamo per prima cosa che è nato anche lui ad Agrigento, l’Akragas di Empedocle, e la circostanza non sembra certo da sottovalutare. Del resto, lui stesso ammette di aver frequentato il pensiero filosofico che nell’antichità aveva reso illustre il suo concittadino e di apprezzarne lo sforzo speculativo connesso al tentativo di rintracciare nell’esperienza quotidiana le ragioni ultime dell’esistenza umana, animale e vegetale, in una parola: cosmica. Personalmente (ma sono evidentemente di parte) trovo affascinante che un artista del calibro di Francesco Buzzurro faccia oggetto di domande radicali la sua produzione poetico-musicale, giungendo al punto da porsi il problema di giustificare razionalmente – alla luce delle odierne conoscenze – le circostanziate argomentazioni di un pensatore che lo ha preceduto millenni fa nell’abitare la stessa città. Affascinato dall’idea della continua aggregazione/disgregazione dei quattro elementi individuati da Empedocle per la composizione dell’universo, Buzzurro si è scontrato col problema aristotelico della quintessenza e con un colpo di genio artistico lo ha identificato non più in un metaforico etere, ma nella musica, di cui dice candidamente che è un elemento sempre presente intorno a noi: nell’aria, nelle cose, nel movimento degli esseri viventi, nel costante flusso e riflusso del mare che fa da confine alla sua isola e che sente risuonare nel battito stesso del suo cuore.

La musica! E chi potrebbe farne a meno? Non certo Buzzurro e i suoi numerosi fan, che nel periodo più sconsolato dell’isolamento sociale imposto dalla pandemia (si parla della primavera 2020 e dei famigerati mesi immediatamente successivi) seguivano i concerti del geniale interprete siciliano direttamente sul suo sito, decretandogli entusiastici consensi. Come non citare, fra i tanti brani eseguiti, la meravigliosa trascrizione per chitarra della Rapsodia in blue di George Gershwin (https://www.francescobuzzurro.it/musica).Il Maestro Buzzurro, che Ennio Morricone non ha esitato a definire il più grande chitarrista contemporaneo, ci regala ancora una perla di musica filosofica: il suo recente Fuego – il quinto elemento, brano acustico di sonorità virtuosistiche e raffinati cromatismi, che egli stesso recensisce così: Ho suddiviso i brani in quattro cicli, elaborando tre momenti per ciascun elemento e – quasi del tutto spontaneamente – in ciascuno dei cicli o quasi c’è un brano che rappresenta la forza dirompente e devastante di ogni elemento, un altro che racconta uno stato di quiete riflessiva e talora malinconica, e infine ancora un altro che si manifesta dinamicamente in movimento come una sorta di imprevedibile divenire. Questo disco allora, nato nel profondo del mio cuore, vuol essere non solo la traduzione in emozioni musicali delle impressioni derivanti dalla mia osservazione del mondo e da una personale e accurata auto-introspezione, ma vuol essere anche un invito a guardarci intorno con attenzione ritrovando, laddove mancante, una profonda intesa con la natura, godendone appieno le infinite meraviglie e apprezzando tutto quello che benignamente ci regala come una Grande Madre, ancora prima di aprire gli occhi al suo sorriso.

E ancora: Ho sempre divorato musica di ogni genere ed evidentemente è avvenuta dentro di me una precisa sedimentazione, meglio ancora una stratificazione di elementi musicali che inconsciamente ho rimescolato creando lo stile originale che mi contraddistingue. Non mi piacciono le etichette, tipo ‘jazzista’ o ‘musicista classico’ o altre ancora che tentano in qualche modo di trovare la giusta gabbietta entro la quale inserirmi perché non mi sento niente di tutto questo. Amo la musica a trecentosessanta gradi e nei miei concerti live ci trovi veramente di tutto, persino una rock suite con brani degli AC/DC o dei Queen o di Clapton. Mi piace molto di più la parola crossover oppure la definizione di un critico che una volta scrisse «È il Tommy Emmanuel italiano…» In realtà sono solo Francesco Buzzurro. (intervista di Carlo de Nonno del 22 dicembre 2014).

Non è raro il caso che l’accentuata sensibilità musicale di un filosofo ne renda più fine e perspicace la ricerca. Penso a Nietzsche, il cui pensiero ne è un chiaro esempio. Ma l’idea della quintessenza musicale di Buzzurro mi fa pensare a qualcosa che assomiglia ad uno slancio metafisico che diventa quasi esigenza salvifica di fronte allo ‘sconforto dell’esserci’ che nasce nelle situazioni-limite. È una tematica che nel secolo scorso ha fortemente appassionato la corrente esistenzialista e che in Karl Jaspers diventa possibilità di un nuovo Umanesimo, quando afferma: ‘L’uomo è più di quanto può conoscere sé stesso’. Insomma, la quintessenza musicale di Buzzurro mi ricorda molto da vicino la metafisica jaspersiana con il suo Circonfondente: l’Essere che avvolge e che circonda il cosmo e la vita umana. Che è poi una visione cosmica dell’Infinito.

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