Mahsa Amini – 1979 –

Cosa c’entri una ragazza di vent’anni massacrata in Iran per non aver indossato correttamente il velo islamico con il 1979 (quarantaquattro anni fa) è presto detto: tutto è iniziato esattamente 44 anni fa con la cacciata dello Scià e con l’avvento di Khomeyni al potere. Quelli che si sono indignati di più, in Italia, sono gli stessi che esultarono per la cacciata del dittatore Reza Pahlavi. Bene. All’epoca ero adolescente e non presi parte ai cori gioiosi né intendo dire che, se in età adulta, non mi sarei aggregata ai più. Voglio, più semplicemente, rimarcare la facilità con cui si possono prendere abbagli clamorosi con stanche liturgie editoriali pronte a riempire di titoloni le prime pagine dei giornali e prontissime a dimenticarsene del tutto. Non è la prima volta e non sarà l’ultima. Ricordo a me e a tutti, l’esaltazione del coraggio delle donne curde, di quelle afghane e delle tante eroine che ci hanno commosso spingendo i più a scendere in piazza. Ebbene, cosa è più successo? NIENTE! Tutto riposto in un angolino delle nostre coscienze in attesa del successivo bagno di sangue o dell’orrore di esecuzioni capitali per giovani colpevoli di aver manifestato per conquiste che a noi appaiono acquisite per sempre. Niente di più falso e niente di più sbagliato! La libertà si conquista giorno per giorno e, se non la si fortifica, affievolisce fino a perdersi.}

Reza Pahlavi non era un eroe democratico. Era un monarca assolutista. Era, però, sufficientemente illuminato da far fare al suo popolo passi in avanti verso una occidentalizzazione dell’Iran e verso una forte emancipazione delle donne. Altro che Chador, altro che veli! Quasi 50 anni fa a Teheran io avrei girato in minigonna con una birra ghiacciata in mano. Quanto può essere pericolosa l’emotività: fuori il cattivo dittatore, viva il tetro sacerdote che avrebbe portato l’Iran indietro di secoli. Oggi lo Scià sarebbe visto da Mahsa e dai suoi amici come un salvatore. Questo vale per l’Iran come per l’Afghanistan o il Kurdistan. E’ un caso che a guidare questi autentici movimenti di liberazione siano le donne che intonano “Bella ciao”? Penso proprio di no! Le donne sono destinate, e lo stanno facendo, a recuperare secoli di sottomissione.

Un’ultima annotazione: capisco come, di fronte alla guerra in Ucraina, al terremoto turco-siriano, i mass media diano loro la prevalenza; ma dimenticare Mahsa o chiunque lotti a rischio della vita, in nome della libertà, non mi sembra proprio giusto. Molto modestamente, suggerirei a giornalisti ed editori, di dedicare una pagina dei loro giornali ad una finestra sui fatti fino a ieri in prima ed ora relegati in archivio. Una pagina, anche di soli trafiletti, per ricordare a chi ha meno memoria che quegli avvenimenti sono vivi e degni di attenzione.

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