Come dei contadini

– di Clara Spadea –

A volte penso che noi adulti dovremmo imparare ad emulare il lavoro instancabile degli agricoltori, prendere esempio dalle loro mani incallite, dal sudore della loro fronte, dalla capacità di resistenza.

Qualsiasi contadino, infatti, che speri che il suo terreno produca frutti, sa che vi si deve dedicare in modo costante. Lui, più di ogni altro, sa capire qual è il tempo della semina e quale quello del raccolto. Sa bene che il terreno va innaffiato, va tenuto pulito dalle erbe infestanti, va potato nel tempo e nel punto giusto, insomma, va seguito con cura quotidiana. Fermo restando poi che magari può essere cosa buona e giusta anche pregare il buon Dio di non mandare tempeste che distruggano il suo lavoro e ne compromettano il raccolto.

Ecco, probabilmente tutto questo è ciò che dovremmo fare anche noi, in quanto genitori, con i nostri figli.Sbaglia chi ritiene di poter mettere al mondo dei bambini e poi delegare l’educazione degli stessi a terzi.

L’insegnamento che dovremmo trarre dai recenti aberranti accadimenti di stupri e continui femminicidi, dei quali mi rifiuto di riportare connotazioni e particolari per via della loro insopportabile brutalità, è che non è possibile o sicuramente sufficiente affidare ad altri la formazione etica dei propri figli. Non la si può riporre nella scuola, non nelle leggi che pretendiamo dallo Stato per combattere la violenza di genere, non la si può riporre sic et simpliciter nelle manifestazioni organizzate a favore delle donne uccise, né nei social che, ahimè, remano piuttosto contro l’operato di qualsiasi genitore che si adopera per una sana educazione, dal momento che addirittura questi mezzi vengono usati da alcuni ragazzi per vantarsi delle atrocità commesse.

La verità è che se vogliamo davvero un mondo che sia più umano, soprattutto per le nuove generazioni, lo strumento in assoluto più potente e determinante che esista per combattere le malvagità e le distorsioni nelle giovani vite o anche negli adulti di domani, purtroppo risiede in assoluto nella famiglia che, se presente nel modo e nel ruolo che le compete, vale più di cento marce organizzate contro la violenza di genere, più di cento leggi emanate per contrastare tale tipo di violenza.

Insomma, come dei buoni contadini, dovremmo saperci prendere cura dei nostri bambini in modo continuo ed incessante, vigilare sempre su di loro, farli crescere con la consapevolezza del nostro esserci a scapito di qualsiasi cosa e così fortificarli. Come dei contadini, dovremmo anche noi sapere quando è il tempo di dar vigore alla pianta e quando invece fermarci e godere di qualche risultato.

I bambini sono sempre lì che osservano e che assorbono ogni nostro comportamento, con loro ma anche con gli altri: sono continui spettatori del nostro essere, del nostro dare o del nostro prendere, della nostra capacità o meno di perdonare, di rispettare, di saper avere pazienza e parole, in altri termini di seminare amore o odio.

Ma se gli episodi di violenza e di stupri oggi sono così innumerevoli, è chiaro che nelle famiglie mancano esempi positivi da emulare sia pure inconsciamente; è chiaro che troppo spesso i giovani assistono solo a moti incontrollati di violenza, verbale o comportamentale, che non sanno cosa sia la comprensione e il rispetto per colpa di quegli adulti che scambiano la vile aggressività con la forza d’animo.

Ma io mi chiedo: possibile che sia scomparsa la gentilezza, la comprensione, la voglia di condividere del tempo sereno con i propri ragazzi?! Possibile che persino le mamme, da sempre dono da tutelare come risorsa fondamentale di un legame indissolubile, si spoglino a volte del loro ruolo abituale per vestirne altri ritenuti più fruttuosi, per poi ritrovarsi sopraffate da una perenne rabbia che produce altra rabbia in chi le osserva?!

E se non riesce una madre a trasmettere al proprio figlio o figlia valori in termini di umanità, di fiducia, di amicizia, di rispetto dei più fragili o di gentilezza, chi altro potrà mai riuscirvi?!

La verità è che se non si ricomincia a seminare con amore e con impegno nel terreno della famiglia, non si può sperare che spariscano questi comportamenti di inconsulta violenza nei giovani.

Bisognerebbe dunque che i genitori tornassero a coltivare i propri “fiori” con amorevolezza e con spirito di sacrificio, che non temessero di fare anche i calli alle mani a furia di zappare e seminare nel terreno dei piccoli, per poter sperare poi di aver messo al mondo dei figli normali e non dei mostri, sia pure con l’aiuto del buon Dio.

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