Dall’omicidio Tornatore alle intercettazioni: il Nuovo Clan Partenio ricostruito dal capitano Russo

si è aperto ufficialmente nell’aula bunker del tribunale di napoli il dibattimento del processo contro il Nuovo clan Partenio. Ed è toccato all’ex comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Avellino, il capitano Quintino Russo, raccontare la genesi e lo sviluppo delle indagini che hanno portato all’arresto delle 23 persone imputate (4 con rito abbreviato) poichè ritenuti appartenenti al clan che sarebbe stato guidato, come ricostruito dalla Dda, dai fratelli Galdieri: le accuse, a vario titolo, sono di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e usura.

Russo è partito dal 2017, essendo entrato in servizio l’anno prima, mentre le indagini sul clan ebbero origine tra il 2014 e il 2015; il capitano dell’Arma è partito con il suo racconto dall’omicido Tornatore, avvenuto nell’aprile del 2017. Uno dei sospetti, Francesco Vietri, durante l’interrogatorio fece infatti riferimento al clan di Avellino, ed è lo stesso Russo che in aula riferisce come il principale indiziato in qualità di responsabile dell’omicidio era diventato a quel punto Carlo Dello Russo, considerato il “pestatore” del gruppo criminale di Capocastello, al servizio di Pasquale Galdieri. L’omicidio Tornatore è rimasto invece senza assassino: proprio pochi giorni fa è arrivata la sentenza d’appello che ha condannato Vietri e Rainone per distruzione di cadavere, ma l’autore del delitto non è stato identificato.

Ma le indagini che si sono sviluppate a seguito dell’omicidio hanno permesso alle forze dell’ordine, ha spiegato sempre Russo in aula, di ricostruire l’attività criminale del cosiddetto Nuovo clan Partenio. Attraverso l’uso di microspie, intercettazioni telefoniche e ambientali, l’ascolto dei dialoghi tra i diversi imputati permette ai carabinieri di mettere assieme i vari pezzi fino ad arrivare alla svolta quando nell’autorimessa di via Dalmazia ad Avellino gestita da Bocciero e Galluccio ritrovano un block-notes dove vengono riportate cifre e percentuali di interesse dell’attività usuraia del clan.

Russo racconta anche l’episodio del furto, all’interno dell’autorimessa, di 15mila euro compiuto da uno dei dipendenti, poi scappato a Roma, e il conseguente tentato sequestro di persona messo in atto, secondo gli inquirenti, dai membri del clan; l’episodio è sfociato nella cattura e l’arresto di tre persone finite a processo.

Russo non è riuscito a terminare il suo racconto che riprenderà nella prossima udienza: intanto il giudice Luigi Buono ha accolto le richieste di costituzione di parte civile al processo dei comuni di Avellino, Mercogliano e Monteforte e dell’associazione anti-racket Sos Impresa

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