Aste Ok, in 23 rischiano il processo: la Dda non trova nessun coinvolgimento del personale del tribunale

La Dda ha concluso le indagini sullo scandalo delle aste giudiziarie di Avellino. 23 gli indagati che ora rischiano il processo. Tra questi non figurano dipendenti del tribunale, nonostante le ricostruzioni del pool antimafia parlassero di connivenza con il clan. Confermata l'accusa di voto di scambio politico-mafioso per i fratelli Galdieri, Damiano Genovese e l'ex segretario provinciale della Lega Sabino Morano

Il pool antimafia di Napoli ha concluso le indagini sull’inchiesta delle aste giudiziarie, sono 23 gli indagati che ora rischiano il processo. Tra questi anche l’ex consigliere comunale e segretario provinciale della Lega Sabino Morano; il pm Henry John Woodcock ha infatti tenuto in piedi l’accusa di voto di voto di scambio politico-mafioso, confermandola anche per Nicola Galdieri e Damiano Genovese, nonostante il Riesame avesse stralciato l’ipotesi di reato nei loro confronti.

Associazione a delinquere di stampo mafioso, turbata libertà degli incanti, estorsione, voto di scambio politico-mafioso, falsità materiale in atti d’ufficio, truffa, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio le accuse principali a vario titolo contestate nei confronti degli indagati, che secondo l’accusa avevano messo in piedi un sistema criminale volto a costruire una sorta di monopolio nel settore delle aste giudiziarie, impedendo alle persone interessate di partecipare, facendo aggiudicare i beni all’asta alle persone che gli pagavano un pizzo, oppure acquistandoli loro a prezzi stracciati.

Le menti dell’operazione sarebbero le famiglie Forte e Aprile, che da vent’anni, si legge nelle ricostruzioni della Dda di Napoli, si avvalevano del sistema da loro creato, che si diramava attraverso la complicità degli istituti di credito cittadini e tramite le loro società finanziarie, cinque almeno quelle individuate e messe sotto sequestro, con relativi beni, crediti, conti correnti e azioni per un valore di circa sei milioni di euro.

Negli ultimi anni nel giro erano entrati anche i fratelli Galdieri, dividendosi i guadagni illeciti, grazie, sostengono le indagini, al rapporto tra Livia Forte e Nicola Galdieri e il ruolo di tramite di Damiano Genovese: gli affiliati del Nuovo Clan Partenio si sarebbero occupati di minacciare gli interessati alle aste e di riscuotere i soldi grazie a violenze e intimidazioni; uno di loro, Carlo Dello Russo, sarebbe stato visto in pianta stabile presso il settore fallimentare del tribunale per incutere timore alle vittime del clan.

Livia e Modestino Forte, Armando Aprile, Pasquale e Nicola Galdieri, Beniamino Pagano, Damiano Genovese, Carlo Dello Russo (tutti detenuti in carcere), Gianluca Formisano, Antonio Barone (entrambi ai domiciliari), questi i principali protagonisti dell’inchiesta su cui ricadono le accuse più gravi, tra cui l’associazione a delinquere di stampo mafioso; l’inchiesta ha fatto emergere anche le responsabilità, per vari episodi inerenti alla turbativa d’asta, estorsioni e riciclaggio, degli altri indagati: Emanuele Barbati, il figlio di Livia Forte Antonio Ciccone, Annarita De Vito, Manlio Di Benedetto, il nipote di Livia Forte Antonio Flammia, Maria Luigia Gasparro, Raffaele Giaccio, Mario Gisolfi, Efrem Spiniello, Ermelinda Becchimanzi, Mario Guerra e Giuseppe Di Costanzo, oltre a Sabino Morano, come detto, indagato per voto di scambio politico mafioso per le amministrative del capoluogo del 2018, quando era candidato a sindaco per il centrodestra.

Tra gli indagati non figura il nome di nessun dipendente del tribunale, nè tra i giudici, nè tra cancellieri, nè i custodi giudiziari: un vero e proprio buco nell’inchiesta, nonostante nelle ricostruzioni della Dda e nell’ordinanza di custodia cautelare del gip Finamore l’attività del clan venisse definita dagli inquirenti “una metastasi, arrivata a spadroneggiare letteralmente anche nelle aule del tribunale, dove tutti erano soggiogati al potere del clan”: chi sono questi tutti che hanno garantito, con la loro connivenza, gli affari illeciti del clan, siamo destinati a non saperlo mai.

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