“Guido, i’ vorrei che tu, Lapo ed io…”

Per la ricorrenza dei 700 anni dalla morte del Sommo Poeta, ogni due settimane, sempre di sabato, pubblicheremo in questo spazio la Rubrica “Le Parole di Dante” curata da Gabriele Meoli: brevi commenti a versi dell’Alighieri che danno spunto anche per la lettura gustosamente critica della realtà in cui oggi viviamo.

 

– di Gabriele Meoli –

È nelle “Rime”, il sonetto con cui Dante confida all’Amico Guido Cavalcanti il suo desiderio di un magico e tranquillo viaggio per mare con lui, con l’altro amico Lapo Gianni e le loro donne amate Monna Vanna, Monna Lagia e forse Beatrice, o altra donna, tra le trenta più belle di Firenze.

Ciò dovrebbe avvenire per ivi “ragionar sempre d’amore”.

È un sogno di giovinezza e di evasione dalla vita, proprio della poesia di ogni tempo e quindi anche del clima stilnovistico dell’epoca di quel sommo poeta, vissuto a chiusura del Medio Evo e precursore dell’Età moderna.

Egli immagina che, vivendo insieme per loro comune volontà, se ne accrescerebbe persino il gradimento e ciascuna delle loro donne ne sarebbe contenta.

L’idea è romantica, benché l’ultimo verso (“sì come i’ credo che saremmo noi”) rechi anche un compiaciuto, un po’ malinconico, ma pure malizioso ed arguto sapore al bel sogno; alla cui realizzazione, tuttavia, vi sarebbe pur sempre “di mezzo il mare”.

Non è più così ai tempi d’oggi, nei quali è normale (e spesso anche un po’ noioso) potersene andare in crociera anche da soli con la propria “ragazza”, tramutando l’impossibile sogno di allora in ordinaria realtà, col risultato, in tal modo, che non si sogna più.

 

 

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