Che sarà mai una canzone?… e invece

Ci siamo! Stasera si conclude la settantaduesima edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo. Con attenzione, non so se maggiore o minore, di quella che ci ha tenuto incollati allo schermo la scorsa settimana per l’elezione del Presidente della Repubblica.

A questo proposito colgo l’occasione per fare i miei personali auguri al Presidentissimo Mattarella – devoto alle Istituzioni oltre ogni limite – e mi preparerò, poi in serata, ad assistere, come milioni di italiani, al rito del vincitore della rinomata kermesse canora, esportata in tutto il mondo…Oceania compresa.
Vi dirò, quando ho deciso di affrontare l’argomento “canzone” invogliato dalla coincidenza della finale del Festival col giorno della mia rubrica, la domanda che mi sono posto è stata: ma che c’entra la canzone con la scienza?
Poi nella mia personale libreria, discretamente fornita di saggi di divulgazione, mi sono imbattuto in “Il Mondo in Sei Canzoni – (Come il cervello musicale ha creato la natura umana)” -Codice ed.- di Daniel Levitin, neuroscienziato, nonché musicista e produttore musicale. E, allora, ho deciso di giocare d’azzardo. Vi dirò di più. Per non perdermi in lungaggini e per rendere l’articolo più leggero ho deciso di suddividerlo in sezioni…e – perdonatemi! – mi sbilancerò pure a improvvisarmi critico musicale, selezionando sei canzoni presentate al Festival, in tutti questi anni.
Anche perché quelle di Levitin sono inglesi e americane (che io comunque adoro) ma quest’oggi voglio essere esclusivamente nazionalista.

Canzoni o canzonette?.. diciamo canzoni, vah!
Le canzoni, dice Levitin, ci offrono un contesto multistrato, multidimensionale, sotto forma di armonia, melodia, ritmo. Possiamo sperimentarle e goderne nei più svariati modi: come musica di fondo, come forma d’arte estetica indipendente dal suo significato, come musica da cantare con gli amici o da soli, sotto la doccia o in auto.
“Comunque sia, le canzoni hanno il potenziale di cambiare lo stato d’animo e le condizioni mentali. Ognuno degli elementi di melodia, ritmo, timbro della voce, metro e parole di una bella canzone potranno ancora non aver cambiato la storia dell’umanità, ma di certo hanno fatto felici milioni di persone, nel corso di molti milioni di ore”.
Uno dei valori coinvolgenti delle canzoni è la trasposizione delle tonalità e l’equivalenza delle ottave. Il principio che permette a uomini e donne di cantare e suonare insieme, dandogli la sensazione di essere all’unisono, anche se le donne, in realtà, cantano un’ottava sopra.
Quando festeggiamo i compleanni ognuno di noi riesce ad intonare, senza problemi, in gruppo “Tanti auguri a te”.
Nella corteccia uditiva, il cervello ha sviluppato nel corso dell’evoluzione mappe di frequenza che svolgono un ruolo analogo a quello delle mappe spaziali nella corteccia visiva.
La canzone è una composizione espressiva destinata o adattata alla musica.
Quando ancora oggi, pochi per la verità, sostengono che non ci sia nulla che possa essere paragonato alla musica classica, ignora o non riconosce che gli stessi grandi maestri traevano gioia e ispirazione proprio dalla “comune” musica popolare dei loro tempi. Mozart, Brahms, Mahler, e persino un vecchietto come Bach, hanno tratto molte delle loro concezioni melodiche da ballate, bardi, musica folk europea e canzoni per bambini. Una buona melodia (per non parlare poi del ritmo) non conosce confini di, classi, cultura o educazione.

Il mio Sanremo… di amarcord
Levitin suddivide – le sei canzoni del titolo – in sei categorie. Generi di canzoni che hanno indirizzato, e in qualche caso modellato, il sentire umano: canzoni d’amicizia, amore, conforto, conoscenza, gioia, religione. Non preclude, certo, a che ve ne siano delle altre, ma dovendo circoscrivere il campo si limita a queste.
Per ognuna di queste, sintetizzerò i concetti salienti e sostituirò le canzoni dell’autore con quelle mie secondo una personalissima e… “sindacabile” selezione. Speriamo solo di non perdere la faccia.

Amicizia
Il canto e il movimento sincrono e coordinato, hanno creato i più forti legami tra i primi umani, o protoumani. Hanno contribuito, anch’essi, a formare comunità sempre più numerose, fino alle società come le conosciamo oggi.
Cantare insieme provoca il rilascio di ossitocina, sostanza neurochimica implicata nella creazione di legami affettivi e simpatetici tra le persone. Se minacciati, se chiamati in conflitto, se decidiamo di reagire e infondere forza reciproca, attiviamo spontaneamente un fenomeno di azione e di interazione.
Nel sincronizzare il canto si coordinano attività che coinvolgono tre regioni cerebrali: ippocampo, corteccia motoria e centri predittivi dei lobi frontali.
Il “chiamata e risposta” delle work songs dei neri schiavi nei campi di cotone, lo schema della musica classica tradizionale indiana chiamato jugalbadi, la musica latino-americana, coropregon, e le antifonie della musica classica europea sono emblemi della partecipazione collettiva a eventi e manifestazioni.
Cito tre esempi tra i più disparati. Il nostro, più recente, dei canti dal balcone allo scoppio della pandemia.
Un altro poco noto: durante la Primavera di Praga il primo esempio di canto corale di protesta e di rivendicazione per la libertà, dell’ Est Europeo fu quello dei PPU (Plastic People of the Universe) che pur avendo riservato, fino ad allora, la loro attività alla tradizionale canzone folk decise di contribuire alle iniziative di lotta della popolazione, trasformando i loro canti.
Mi piace ricordare il finale di Full Metal Jacket di Kubrick dove per infondersi coraggio un gruppo di giovani soldati americani , attraversando la giungla vietnamita, in una notte buia illuminata solo dai bagliori dei fuochi e dallo scoppio delle bombe, intonano L Marcia di Topolino.

– Si Può Dare Di Più – Morandi, Ruggeri, Tozzi – 1987
Che cos’è un amico?
Il vero amico – curioso come a volte e per differenziare, siamo portati ad accompagnare amico con l’aggettivo, a dimostrazione che quello “vero” è merce rara – il vero amico dicevo, nel dialogo, cerca di scavalcare le parole facili riservate a chiunque; le ricerca e le seleziona per trovare solo quelle veramente efficaci.
Il trio Morandi, Tozzi, Ruggeri era, in quegli anni, per importanza, il corrispettivo calcistico del Napoli scudettato: Giordano, Maradona, Careca. Da vittoria a mani basse cioè, e infatti così avvenne.
L’amico non solo ti aiuta, ma ti incoraggia e, se necessita, ti sprona a valutare e superare l’impasse. Ti ripete come un intercalare: e dai! “si può dare di più”. Il testo esprimeva tutto questo, suddividendosi per tre. L’avevano fatto già molti anni prima i Giganti, alternandosi in quattro, nella canzone Proposta.

Amore
Secondo alcuni biologi evoluzionisti, l’amore si manifestò nell’uomo come un adattamento che incrementò le probabilità per la prole degli umani di ricevere le cure necessarie alla sopravvivenza.
La selezione naturale poi selezionò altruismo, fedeltà, affettività e tutte quelle qualità che sono parte integrante dell’amore maturo.
Amore e altruismo assumono qualità differenti negli esseri umani rispetto agli animali (come molti altri nostri comportamenti) a causa della nostra consapevolezza dell’autocoscienza.
Le canzoni d’amore creano legami tra le persone perché in alcune di loro l’essere umano si rispecchia e inconsciamente le sente come proprie. Esprimono essenzialmente l’amore desiderato, l’amore trovato o quello perduto.
L’amore è la più alta forma della nostra esistenza. L’amore per l’umanità, con tutti i suoi difetti, con tutta la nostra distruttività, le nostre insignificanti paure, chiacchiere e rivalità. L’amore per la bontà, per l’altruismo, per l’onestà, per la giustizia e la nostra capacità di scriverlo, di celebrarlo in una canzone è quello che ci rende umani.

– Almeno Tu nell’Universo – Mia Martini – 1989
Almeno, è un po’ di più dell’assoluto niente. Quando poi indossi il portato maldicente di sfiga, un riconoscimento d’amore equivale a riscattare una vita. Non so se il “diamante in mezzo al cuore” di cui parla Mimì, nella canzone, si sia concretizzato davvero. L’augurio è che l’assunto di vero amore, come riporta il testo, soprattutto in quel “tu, che sei diverso/ Almeno tu nell’universo” fosse reale. E volesse indicare: diverso da tutti gli altri – dai tanti altri amanti falsari –.
Le canzoni quasi mai rispecchiano il vissuto del momento di un artista. La sua voce adamantina e sincera, quella sera, supplicavano fosse avvenuto il contrario.

Conforto
Il canto può tranquillizzare e consolare i neonati con un’efficacia che altri gesti non possono raggiungere. Il suono si trasmette anche nell’oscurità e raggiunge i neonati anche quando hanno gli occhi chiusi. Le madri sono istintivamente propense a cantare perché con la ripetizione assegniamo al canto il tipico elemento della prevedibilità, che è rassicurante. La ninnananna è una delle classiche canzoni di conforto per il bambino.
Dal momento che richiede una respirazione ritmica e regolare, per la madre può rappresentare anche una sorta di meditazione. Contribuisce a normalizzare la respirazione, nonché il battito cardiaco, riducendo le pulsazioni e rilassando la muscolatura.
Dall’altro canto, molti di noi si rivolgono alla musica al primo segno di tristezza. Quando siamo tristi viene rilasciata la prolattina, un ormone dalla funzione calmante. Il dolore ha in effetti una funzione evolutiva, che è quella di conservare l’energia dopo un evento traumatico o riorientare le priorità in rapporto alla nuova percezione del futuro. Un’analisi chimica delle lacrime ha rilevato che la prolattina è immancabilmente presente nelle lacrime versate per il dolore; in quelle per lubrificare l’occhio, no.

– Ti Regalerò Una Rosa – Simone Cristicchi – 2007
Già è difficile calare una tematica in versi, con la lingua italiana… poi, che è più ostica dell’inglese per le rime. Figuriamoci, quando l’argomento richiede equilibrio e sensibilità qual è quello dei malati di mente. Simone Cristicchi, non solo lo fa al meglio ma ci aggiunge grazia e poesia. E quando il Festival decide – non sempre – di prestare attenzione a problematiche sociali, a volte riesce anche a premiarle con una vittoria.
Cristicchi lo considero un cantante anomalo, d’altri tempi, quasi un cantastorie.
L’ho apprezzato, negli anni, anche in un altro magnifico pezzo biografico, altrettanto delicato e misurato come questo. Raccontava l’amara vita dello sfortunato pianista Luca Flores: 4 Minuti e 28 Secondi, la durata dell’ultimo suo brano.
Gioia
Le canzoni a volte sono quasi un intervento terapeutico. Il canto quando è gioioso produce il rilascio di endorfine, detto anche ormone del benessere. La funzione del piacere è uno strumento che ci spinge a compiere quelle azioni che possono migliorare la nostra idoneità adattiva: riproduzione, nutrimento, riposo, interrelazione con gli altri e così via. Secondo Daniel Dennett, psicologo statunitense, adoriamo i neonati non perché sono intrinsecamente graziosi ma perché siamo semplicemente i discendenti di persone che hanno allevato e protetto i loro bambini e che sono state intrinsecamente ricompensate dall’averlo fatto.
La musica gioiosa ha un ruolo duplice fisico e mentale, ci mette su di giri e ci disincaglia dalla malinconia.
L’ossitocina, che abbiamo precedentemente citato, viene rilasciata nelle persone che cantano insieme, ed è probabilmente correlata, da un punto di vista evolutivo, alla funzione di collante sociale della musica.

– Mi Va Di Cantare – Louis Armstrong – 1968
Arrigo Polillo, il decano degli critici jazz in Italia, ricordava come Duke Ellington definisse Louis Armstrong, Mister Jazz. E si, perché Louis Armstrong era stato il primo ad innalzare questa musica – patrimonio assoluto della comunità degli afroamericani – a certificata forma d’arte. Prima d’allora, era semplice musica d’intrattenimento, suonata in squallidi locali di Storyville, quartiere di New Orleans, dove Louis era nato. Veniva soprannominato Dippermouth per la sua enorme bocca a forma di mestolo, ma al tempo stesso scrigno della risata più coinvolgente che abbia attraversato i palcoscenici di tutto il mondo. Quella sera a Sanremo ci fu il primo extender-play della storia del Festival. Una decina di minuti di dixieland con inframezzato un gioioso “Ciao, stasera son qui / Mi va di cantare perché sei con me”.
E poteva star sicuro che tutta l’Italia – dell’allora boom economico avviato al tramonto – cantava con lui.

Conoscenza
Ian Cross, dell’Università di Cambridge, che studia insieme musica e psiche, ipotizza che la musica possa avere i requisiti fondamentali per qualsiasi tipo di comunicazione tra uomo, animali e perché no… extraterrestri, qualora qualcuno di essi decidesse di venire a farci visita -.
Ha una teoria tutta sua sulla comunicazione delle rane che definisce “richiamo antifonico”.
Se ricordate, poi, il film di Truffaut: “Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo” il contatto comunicativo tra umani e alieni avveniva su cinque note del pentagramma.
Il canto, per altri ricercatori, possiede quello che gli etologi chiamano “segnale onesto”. Per una serie di motivi, sembra che sia più difficile fingere sincerità rispetto al linguaggio.
Il linguaggio delle canzoni possiede più forza mnemonica rispetto al linguaggio dialogante, per incapsulare conoscenze e informazioni vitali. Le filastrocche mandate a memoria dai bambini ne sono un esempio.

– L’Arca di Noè – Sergio Endrigo – 1970
Qui mi accompagna la nostalgia della mia età scolare quando ebbi, una sera in piazza, una accalorata discussione su una canzone con un mio, oggi scomparso, compagno di scuola. La canzone, quella sera in concorso al Festival, era L’Arca di Noè di Sergio Endrigo che fino allora si era prodotto in canzoni solo d’amore. Totalmente immerso e ammaliato dalle canzoni “toste” di rivendicazione beat di Dylan e McGuire, trovavo il brano leggerino, con quell’inciso “…Partirà, la nave partirà/ Quando arriverà, questo non si sa… “che mi sembrava da canzone dello Zecchino d’Oro. L’amico mi diceva invece che la canzone la trovava efficace e anticipatrice “in nuce” di problematiche ambientali future… aveva ragione il mio amico.
Riporto solo l’inizio: “Un volo di gabbiani telecomandati/ E una spiaggia di conchiglie morte/ Nella notte una stella d’acciaio/ Confonde il marinaio/ Che fatica essere uomini…”

Religione
I salmi dell’Antico Testamento, si narra siano stati composti da re Davide. Furono scritti come canti per commemorare, confermare e celebrare la prima religione monoteista del mondo.
Alcune delle musiche più belle mai scritte sono religiose e sono canti di lode al Signore. Il pensiero religioso ci porta al di fuori di noi stessi, innalzandoci, elevandoci dal mondano e dal quotidiano per esaminare il nostro ruolo nel mondo, il futuro dell’umanità, la natura stessa dell’esistenza. Pregare in musica, con la sua capacità di motivare le azioni ripetitive, favorisce il raggiungimento della “chiusura” come la definiscono gli psicologi. La chiusura, o conclusione, attenua la tendenza tipicamente umana a ossessionarsi e preoccuparsi per eventi sconosciuti, a fissarsi su cose che esulano dal controllo immediato dell’individuo.
Secondo i teologi, Dio non è vanitoso, non ha bisogno che Gli diciamo che è grande. Ma siccome ci ha creati, sa di cosa abbiamo bisogno. Ha stabilito che dovremmo cantare gli inni religiosi perché sa che ci aiutano a ricordare in nostro ruolo, e ci motivano, avvicinandoci a Lui.

– Uomini Soli – Pooh – 1990
Non ho mai amato particolarmente i Pooh, forse perché quando nascevano, nel ’66, mi nutrivo ancora della musica dei Beatles e del rock inglese e, si sa, gli imprinting giovanili persistono negli anni. Devo dire, però, che, se dovessi scegliere una sola delle canzoni vincitrici il Festival, la scelta cadrebbe su Uomini Soli.
Il gruppo fece il colpaccio nel 1990. Si presentarono per la prima volta, vinsero e andarono via, come fanno certi grandi protagonisti dello sport.
Il testo della canzone l’ho sempre considerato una magnifica invocazione dell’uomo all’Altissimo, nella speranza di fare centro, per una volta. Esagererò ma, per me, è un gospel all’italiana. Non per niente Dee Dee Bridgewater che io amo, perché amo il jazz e il soul, ne fece una magnifica versione in inglese, Angel Of The Night.
Un verso, confidente “…Vediamo se si può farci amare come siamo…” e un altro che all’epoca trovai banale, per poi ricredermi, perché in soli due versi descrive quattro momenti fondamentali dell’intera esistenza di un uomo. La vita ci estenua, poi si dorme, si muore e, di grazia, magari, si fa anche l’amore.
“… Perché la vita stende e chi è steso / Dorme o muore , oppure fa l’amore…”.

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