L’ultimo selfie

(F.G.) Per l’importanza che riveste e la sostanza che condividiamo appieno, collochiamo volentieri nello spazio degli Editoriali il “pezzo” di Clara Spadea.

– di Clara Spadea –

Siamo nel mese di luglio, il mese in cui mentalmente tutti cominciamo a programmare le ferie, qualcuno inizia anche a farle, scegliendo tra il mare o la montagna. E in genere già solo l’idea delle vacanze sa renderci più gioiosi, più tolleranti, a tratti persino sorridenti; non ci fa tenere, per un po’, il conto dei giorni di guerra riportatoci con cadenza quotidiana dai telegiornali o quello del numero dei contagiati dal covid. È il momento in cui si stacca con tutto e si riesce finalmente a pensare a colori!
Ma oggi per me, e forse non solo, non è più così. Oggi sento che il mio cuore è diventato ghiaccio.

Ghiaccio, come il pezzo di ghiacciaio staccatosi pochi giorni fa dalla montagna della Marmolada provocando, al momento, otto vittime, per lo più giovani e ancora non tutti identificati, otto feriti e undici dispersi il cui salvataggio è particolarmente complicato a causa delle avverse condizioni climatiche in repentino cambiamento.

Ho negli occhi l’ultimo selfie scattato da un ventisettenne della provincia di Vicenza, Filippo, pochi istanti prima della tragedia. Un selfie con il quale ha espresso, urlato quasi la sua passione per la montagna, la felicità per la scalata compiuta, per il suo essere giunto in vetta, dove sentirsi, con altri escursionisti, come sospeso tra la terra ed il cielo.

Nel cristallizzare quell’intenso momento di gioia che gli amanti della montagna provano sulle cime, Filippo avrà sentito di toccare l’immensità, di farne parte per un istante e, nell’inviare questa immagine agli amici rimasti nel caldo torrido delle città, ha affidato a loro e all’eco delle altezze le sue vibranti emozioni. Un’eco che invece si è imbattuta contro il grido disperato che la montagna, ma anche il mare e la natura tutta continuano invano a mandarci.

Certo a volte la vita sa essere crudele quando ci fa assaporare un incontenibile momento di felicità, per poi privarci all’improvviso di ogni cosa.
O forse no. Forse i crudeli, i senza cuore, gli arroganti, i superficiali e indifferenti siamo noi umani, sordi e ciechi rispetto all’urlo disperato che il pianeta ci manda attraverso i suoi evidenti cambiamenti climatici come la siccità, le alluvioni, il prosciugamento dei fiumi, il caldo torrido persistente e fuori stagione, i ghiacciai che si sgretolano, i morti per il clima!

Ed io mi chiedo: abbiamo il diritto di piangere per queste tragedie che portano via giovani vite se non siamo capaci di impegnarci e di fare alcunché per fermare lo sgretolamento del pianeta tutto?

Cosa deve succedere ancora affinché tutti prendiamo coscienza che non c’è tempo, non c’è spazio per l’indifferenza, per il disinteresse verso ciò che stiamo distruggendo e di cui non potrà godere chi verrà dopo di noi?
Il nostro pianeta è troppo bello per lasciarlo morire agonizzante così; per lasciare che infligga al cuore delle madri lo strazio infinito per la perdita dei loro giovani figli.
Il mondo va salvato con azioni imminenti e decisive. Ci vogliono menti equilibrate e competenti capaci di mettere un freno all’avido consumismo, di trovare soluzioni alternative per combattere la siccità, capaci di punire in modo esemplare chi sversa rifiuti pericolosi nei campi o nei fiumi, chi provoca dolosamente incendi, chi spreca energia, acqua e quant’altro, chi in generale non sa rispettare l’ambiente in cui vive, sia pure compiendo solo piccoli atti di inciviltà, perché si sa, il mare è fatto di gocce.
Dovremmo saper invertire la rotta, e subito, per fermare lo sgretolamento di questa vita.

Noi mamme non vogliamo conservare sul cellulare i selfie sorridenti dei nostri ragazzi. Noi li vogliamo qui con noi, sia pure contrariati, ma qui a vivere la loro giovane vita.

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