LA MAGIA DEL NATALE

Non so dire con precisione da quando, se cioè da sempre o solo dai tempi dell’adolescenza, io abbia iniziato a sentire e vivere l’atmosfera natalizia in un modo tutto mio, molto intimistico!

Di certo ricordo che da quando ero ragazza, giunta alla fine di novembre, archiviavo il rimpianto per le vacanze estive già lontane, per l’inizio della scuola, o la tristezza per l’accorciarsi delle giornate o per il freddo che arrivava a gambe levate sulla mia città e, tutto d’un tratto, iniziavo invece a proiettarmi nell’attesa del Natale e ad avvertire, così, dentro di me un friccichio particolare assolutamente difficile da spiegare a parole.

So solo che l’anima mia cominciava incredibilmente a vivere uno stato di piacevole “attesa” della festa da me ritenuta sempre unica e densa di significato, e mai niente e nessuno è riuscito ad intaccare queste mie sensazioni.

Sensazioni che poi, con le domeniche d’Avvento, venivano incoraggiate e arricchite dal suono delle zampogne per strada, dalle luci intermittenti che si accendevano dappertutto, dalle case che si riempivano di frastuoni gioiosi e di amici cari con i quali si cucivano in modo indelebile legami e sane e affettuose connessioni.

Insomma il Natale è sempre stato per me la festa per antonomasia dalla quale, nel mio immaginario, potevo aspettarmi qualsiasi magia su mia richiesta!

Ancora oggi custodisco il valore che negli anni ho dato a questa festività. Un valore per me di certo non consumistico, o per lo meno non solo, ma piuttosto fatto di uno stato interiore che, sia pure concentrato in quei giorni di festa, sapeva e sa ancora spazzare via ogni angustia e affanno, faceva e mi fa sentire il bisogno della condivisione, del ritrovarmi in questo tempo speciale con tutta la famiglia.

Eppure ultimamente qualcosa è cambiato e forse non solo in me. Il tempo che stiamo vivendo da ormai due anni, che ci ha imbavagliato i sorrisi ed il cuore, ha un po’ ottenebrato la magia del Natale. I contagi causati dal Covid che riprendono ritmicamente insieme ad altre tristi concomitanze hanno in parte appannato l’entusiasmo della festa che viviamo ora un po’ sotto tono e ci fanno vivere nel timore che il duro periodo che stiamo ancora vivendo possa durare all’infinito.

L’esperienza che ha coinvolto tutta l’umanità caratterizzata dalla perdita di persone care, dalle solitudini forzate, da sacrifici abnormi richiesti soprattutto al personale medico e paramedico, l’avere vissuto lo scorso Natale in piena solitudine per via del lockdown, i telegiornali che si susseguono ancora oggi per darci numeri e contezza della situazione pandemica, è qualcosa che ha segnato profondamente e inevitabilmente un po’ tutti. Ci ha cambiati, ci ha resi più vulnerabili, più insicuri, ci ha privati di una rete di protezione importante, mettendo a dura prova la nostra capacità di sperare in un domani migliore.

Eppure forse è proprio per le difficoltà in corso che è bene accogliere il Natale 2021 con un cuore colmo di speranza, nonostante le sofferenze presenti in ogni famiglia, in ogni angolo del mondo.

Del resto, ci ricordiamo cosa rappresenta nella tradizione il Natale?
Questa festa non è solo attesa o doni, ma è innanzitutto fede, anche per i non credenti, è speranza, è luce che porta via le tenebre, è appartenenza e accoglienza, è ritrovarsi in famiglia intorno ad una tavola imbandita o intorno ad un albero per vivere attimi di calorosa leggerezza e quindi di conforto. Il Natale è nascita e il suo ripetersi ogni anno serve a farci ricordare che anche noi possiamo e dobbiamo rinascere ogni giorno, nonostante abbiamo perso qualcosa o qualcuno, perché avere tutto, del resto, non dà di più, ma perdere pezzi importanti della nostra vita ci arricchisce invece di una dimensione più umana che ci consente di connetterci con la sofferenza di tutti.

E penso a chi ha perso la casa ed ogni cosa nei crolli di Ravanusa, a chi lotta per una implacabile malattia, ai familiari che continuano ad assisterli, a quelli che possono solo piangerli.

Tutti, sia pure col cuore provato e spezzato, dobbiamo imparare a vivere il Natale come una luce che torna, come una rinascita che ci consente di affrontare i giorni che si susseguono, anche se fatti di nuove ferite, con la capacità di sentire e comprendere anche le urla silenziose di sofferenza dell’altro, per far crescere in noi il desiderio di donare un pensiero, una preghiera, l’ascolto, l’accoglienza nei nostri cuori.

Perché il Natale è questo: è avere cuore e mente pronti ad accogliere come in una famiglia chi sta affrontando prove difficili.

E luce che ognuno di noi dovrebbe saper portare nel cuore di chi l’ha smarrita.

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