Ottantasette parole

Poesia: Ottantasette parole
Autore: Paolo Caianiello

Nei risvegli oscuri
i sogni smettono di respirare.
Il buio mi confina la pelle,
accarezza i fianchi delle pareti,
gli oggetti inutili
disseminati nella stanza
come bombe inesplose.

Alla fine d’ogni sogno
il mio sogno resti sempre tu
che sfiori le linee delle mie mani
come fossero spighe di grano
senza afferrarle mai.

Alla fine di ogni viaggio stellare
resto sempre io, che sorrido senza tempo
in una foto dell’asilo con un dente mancante,
e Cristo lì di fronte,
nel suo equilibrio metastabile,
irraggiungibile,
come te.

A cura di Emanuela Sica

L’essenziale vive nella trama che si dipana dall’oscuro per giungere alla luce. Nel risveglio emozionale degli occhi che, smessi gli abiti ricercati dei sogni, tornano a nutrirsi della realtà, spesso dura, disequilibrante, ma necessaria, vitale, da cui non si può fuggire, pur volendo. Eppure, nell’assenza di immagini e pertanto nella chiusa della luce le cose diventano elementi inutili, disseminati a caso nella stanza, paragonate a ordigni inesplosi come inesplosa è quella voglia che risale dall’ “insignificante che significa” e mai viene resa concreta nella dimensione umana per colpa di qualche intoppo o inganno del presente o rivoluzione negativa del passato. Se è vero che non si può decidere cosa sognare si può esprimere (decidendo parzialmente) nel finale di quel limbo, quando già la vita mentale si riappropria del corpo, quale desiderio far risalire dalle profondità del cuore per infilarsi nelle pieghe, ancora socchiuse, degli occhi pronti al risveglio.

Il “desiderata” conclusivo come quello iniziale, l’incipit sentimentale della vita di chi scrive, ha un “Tu” come elemento caratterizzante. Il soggetto anelato, l’elemento lineare che porta le mani a cercare un contatto ricercato eppure mai reso concreto dal destinale fato, spesso nemico e combattente. Spighe di un campo di grano da cui si può trarre farina a nutrimento del proprio percorso esistenziale e di cui si è stati privati ingiustamente. Questa è la sensazione che si estrapola, potente, dalle 87 parole utilizzate per descrivere una vita in “compagnia dell’assenza”. Qualcuno diceva che i sogni sono risposte a domande che non abbiamo mai formulato. Forse, in questo caso, la domanda è espressa nell’intimità del frutto poetico e veicolata nella quotidianità come un pensiero costante, un elemento che appartiene alla genesi di una vita senza che si sappia bene il perché ma esiste nel tormento del “non avuto”, si muove negli spazi, anche quelli più ristretti, per poi espandersi e prendere la dimensione che gli o le appartiene. Potrebbe essere una donna, un uomo, un amore, un amico, un familiare, un compagno di giochi. Qualcuno o qualcuna che riempia il vuoto che, con capacità attrattiva, genera nuove aspirazioni, nuove percezioni, nel sognato e nell’immaginario di altre vite e altre esistenze.

Neil Gaiman diceva: “Sognate! I sogni plasmano il mondo. I sogni ricreano il mondo, ogni notte.” Sognare è un atto di pura immaginazione, che attesta in tutti gli esseri umani la presenza, come fuoco sacro, di un potere deifico e creativo. Sognare è vedere mondi senza aprire gli occhi, senza sforzare l’iride, senza investire il cervello per la creazione dell’immagine da visualizzare; è ascoltare melodie senza tempo o canzoni stonate senza usare le orecchie; è pensare e compiere azioni senza la mente; è parlare senza usare la lingua, senza aprire bocca, senza smuovere le corde vocali; è toccare, carezzare, senza usare il tatto; è fare l’amore senza conoscere il corpo dell’altro, è immergersi in un mare calmo senza bagnarsi; sognare è il mutamento dell’ impossibilità che diventa possibile. Spesso ci siamo chiesti perché sogniamo e da cosa siano provocati i sogni: è tutto merito del nostro cervello che li produce attivando l’area della vista in modo simile a quando siamo svegli. I sogni in realtà cambiano nel tempo tenendo il passo con la maturazione neuro-cognitiva del nostro cervello. Secondo gli studiosi non sono altro che impulsi nervosi del tutto casuali. La fonte sarebbe una scarica di questi (impulsi) che partono dal “ponte”, una piccola area alla base del cervello, che “attiva” le cellule della corteccia cerebrale. Se ci fermiamo un attimo a riflettere, forse, è questo il viaggio stellare di cui parla il poeta o forse è la percezione di quanto sia infinito il percorso dei sogni nella mente umana o, più probabilmente, la poesia riporta “un’assenza irraggiungibile ma sempre presente”. Da scariche nascono immagini e sensazioni. Durante il sonno REM, la nostra respirazione diventa superficiale e irregolare, i muscoli degli arti diventano temporaneamente paralizzati. Gli occhi iniziano a sussultare in varie direzioni. Questo è anche il palcoscenico in cui i sogni, che spesso non ricordiamo, tendono a realizzarsi. Tuttavia gli esperti non concordano sul perché sogniamo ma si ipotizzano tre funzioni: 1. biologica; 2. psicoanalitica; 3. evolutiva. La prima avrebbe un ruolo centrale per consolidare la memoria e incentivare l’apprendimento stimolando le connessioni tra neuroni; la seconda ci permetterebbe di elaborare emozioni ed eventi vissuti; la terza, quale prodotto dell’evoluzione, riprodurrebbe nella nostra mente la realtà in modo fantasioso senza alcuna elaborazione. C’è però un punto che mette d’accordo tutti, mentre sogniamo il nostro cervello è perfettamente efficiente come se fossimo “svegli”. Il sogno è, quindi, l’espressione di un’attività cerebrale che viene influenzata dalla memoria e dalle nostre esperienze ma anche da quello che nel cuore ci portiamo come bagaglio emozionale e sentimentale, le aspirazioni che sono custodite nella parte più profonda di noi riescono ad emergere proprio nel sogno. Sognare, comunque, riflette il buon funzionamento del nostro cervello e la sua organizzazione mnemonica e neuro-emotiva. Le ricerche cliniche effettuate con l’ausilio di strumenti di neuroimaging (come la risonanza magnetica) su individui con lesioni cerebrali hanno riscontrato un’incapacità di alcuni di produrre sogni, confermando che l’attività onirica rispecchia la salute del nostro cervello e lo mantiene fisiologicamente attivo. Tornando alla poesia, al viaggio che termina con il risveglio – passando prima nelle dimensioni dell’infanzia, che ritorna come una vecchia foto in cui si riesce a percepire, sempre e comunque un’assenza (il dente che manca), nonché nella iconografica rappresentazione del Cristo, un soggetto quasi astratto per il troppo amore che ha donato e dona ancora nel tempo arido del presente – si materializza una chiusa che permea il finale con un soffio di precaria instabilità. Qualcosa resta a turbare l’aspirazione (quasi utopica) a toccare una trasparenza: forse non si raggiungerà mai ciò che è irraggiungibile.

Paolo Caianiello, Sottufficiale E.I. risiede a Gorizia. Nel 2015 pubblica il romanzo “OSTIUM DEI”. Nonostante abbia sempre amato la poesia, solo recentemente ha iniziato a scrivere versi. Nel 2019 si classifica al 2° posto nel concorso “Gorizia Città degli Innamorati” Indetto dall’Associazione Nuovo Lavoro” con il patrocinio del Comune di Gorizia. Nel 2020 si Classificato al 1° posto nel medesimo concorso e pubblica la Silloge “IMMOBILI PASSAGGI” con la casa Editrice “PUNTOACAPO”. Numerosi sono i riconoscimenti e gli apprezzamenti ottenuti nei vari contest di poesia.

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