Un mose per tutti

(F.G.) Per l’importanza che riveste e la sostanza che condividiamo appieno, collochiamo volentieri nello spazio degli Editoriali il “pezzo” di Clara Spadea.

– di Clara Spadea –

Per fortuna a volte, sebbene raramente, capita di sentire pure buone notizie ai telegiornali!

Così, ad esempio, ho appreso con piacere che finalmente il mose, ovvero la grande diga mobile costruita a difesa della laguna di Venezia, in occasione dell’ultima allerta meteo ha salvato dall’allagamento la città. E come se non bastasse, ora ci sono Stati stranieri che intendono emulare questa nostra opera di alta ingegneria.

E la portata e la bellezza di questa notizia mi ha esaltata al punto da farmi tornare alla mente il 25 novembre u.s., quando cioè ricorreva la “Giornata Internazionale per l’Eliminazione della violenza contro le donne”.

Perché, con una buona dose di entusiasmo e di fantasia, mi sono trovata ad immaginare un’opera simile messa a punto per arginare la violenza sulle donne, proprio come una diga o un muro o uno spartiacque da frapporre all’occorrenza tra vittime e carnefici. In altri termini, se si è riusciti ad evitare che una città come Venezia, che combatte da sempre contro l’innalzamento del livello del mare fino a più di 150 cm. attraverso questa imponente costruzione, io voglio credere che sia possibile dare vita, insieme, ad un’opera altrettanto grandiosa, sia pure non visibile materialmente, che riesca a lasciare fuori, come una diga, ciò che costituisce pericolo per le donne e non solo.

Naturalmente sono consapevole che per ogni progetto importante, non basta il solo ideatore o il costruttore, ma è necessario tutto un team che abbia le specifiche competenze per costruire l’opera dalle fondamenta e per poi salvaguardarla dagli inevitabili attacchi ed intemperie della vita.

E siccome in questo caso, si sa, non ci vorrebbero né architetti né ingegneri di alto profilo, quanto piuttosto un team di forze mosse da un obiettivo unico e fondamentale per il futuro dell’umanità, ecco che, prime tra tutte, sono chiamate in causa le famiglie, quelle propriamente dette, capaci cioè di essere punti di riferimento fermi e saldi per i figli, con il difficile compito , in “quest’epoca di giga illimitati”, di insegnare invece rigore e limiti e di trasmettere non solo amore ma soprattutto il senso della dignità, quale vera spina dorsale in particolare per le bambine; il più bel vestito da far loro indossare ogni giorno, affinché abbiano presto la consapevolezza del proprio valore e, in uno, anche la necessità di allontanarsi e dover andare via da chi, palesemente, in generale non conosce il significato delle parole “rispetto ed educazione” .

È evidente che quello della violenza sulle donne è un problema culturale, cosa che, paradossalmente, lo rende di difficile soluzione, vista la trasformazione e disumanizzazione della società attuale. E dunque probabilmente per rallentare l’attuale insopportabile spirale di brutalità, servono “imprese di costruzione” particolarmente preparate, ovvero famiglie che dedichino più tempo consapevole ai bambini, ma anche che accettino di collaborare in modo produttivo con la scuola, vera fucina di uomini e vocazioni, per individuare, così, eventuali debolezze dei propri figli su cui intervenire e lavorare insieme, per formare, insomma, l’ho già detto, uomini e donne che un domani vogliano e riescano ad essere indipendenti economicamente e mentalmente, al di là del tipo di lavoro scelto.

E tutto questo con l’ausilio efficiente pure dei Centri antiviolenza o Case rifugio, delle Forze dell’Ordine , della Magistratura, e quindi attraverso la certezza della pena e l’applicazione severa e rigorosa di quanto sancito nel 2019 nel “Codice Rosso”, insomma attraverso l’ausilio fattivo di tutta una rete di prevenzione e protezione che dovrebbe portare ad una evoluzione dell’umanità che allo stato, purtroppo, non c’è, se è vero come è vero che i numeri degli abusi, del mobbing, dei maltrattamenti e degli eccidi di donne per mano degli uomini sono in aumento e mai in diminuzione.

E allora, in questa giornata di pioggia continua, vorrei tanto che riuscissimo tutti a formare presto un team di “esperti” capace di costruire un “mose di protezione per le donne”, una gigantesca e solida diga che sappia arginare gli scrosci di violenza e salvaguardare l’eternità che esiste nel sorriso e nella forza insita in ogni madre, amica, compagna, sorella.

Con la speranza poi di proiettare un domani sulle facciate dei palazzi di ogni città non i nomi delle innumerevoli vittime, ma quelli di donne e di uomini che, nonostante si siano persi, hanno saputo salvare ciò che di buono tra loro era stato costruito, insegnando così a tutti i figli che l’amore come la sofferenza servono comunque a costruire, non a distruggere.

E di certo non sono mai sinonimo di “violenza”.

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