In ricordo di Roberto Bembo / Oggi il cielo si fa bello

(F.G.) Per l’importanza che riveste e la sostanza che condividiamo appieno, collochiamo volentieri nello spazio degli Editoriali il “pezzo” di Clara Spadea.

– di Clara Spadea –

Quando non piove e, anzi, è una giornata fredda ma nitida, di tanto in tanto apro i balconi per far entrare in casa un po’ di aria frizzante e nuova e ricevere così piacevoli e fresche sensazioni.

Oggi pomeriggio però non è stato così. Abito in linea d’aria vicino al locale Ospedale S.G. Moscati e nell’avvicinarmi ai vetri aperti per respirare a pieni polmoni, mi è sembrato come se udissi, in lontananza, delle grida strazianti.

Ma no, mi sarò sbagliata, saranno stati i gatti di quartiere che a volte emettono suoni strani ed inquietanti! Sono solo molto scossa dalla notizia appena circolata sui social, secondo cui per Roberto Bembo, il ventenne avellinese accoltellato da due giovani nella mattinata di Capodanno per futili motivi, quasi impronunciabili, sia stata dichiarata la morte cerebrale, con quel che ne segue.

Finora mi ero rifiutata di calarmi completamente nello stato d’animo dei genitori di Roberto, per una sorta di paura che come un’ombra si impossessa dell’animo di ogni madre in concomitanza di disgrazie dei propri figli ed anche perché, come tutti gli avellinesi, ero certa di ricevere a breve la notizia del suo risveglio. Ma intanto mi sembrava di vederli, immobili dietro al vetro della Rianimazione, come sul bordo di un baratro, con gli occhi muti e disperati, il cuore stretto al punto da avvertire dolori lancinanti, cercando forse di pregare, di sperare in un miracolo, di offrire in cambio qualsiasi cosa, di invocare il Cielo spiegandogli di non essere pronti, perchè Roberto voleva stare ancora qui nonostante le stupide liti tra giovani, nonostante “la colpa” di aver parcheggiato in malo modo la sua auto. Avrebbe imparato a farlo, avrebbe imparato anche a stare lontano da chi non è avvezzo a comunicare il proprio dissenso con toni alterati sì, ma senza armi, senza il bisogno di aggredire, senza sfide, senza dover dare prove di forza ai propri coetanei.

Ma adesso che è caduta la notte più nera per Roberto e per la sua famiglia, e magari per quella degli assassini, ora abbiamo finito tutti di pregare e di sperare, per quanto forse in realtà avremmo un motivo in più per doverlo fare per questi giovani davvero sfortunati perché privati, dalla vita, di qualsiasi buon esempio, della capacità di incassare sgarbi, di reagire con moderazione senza oltrepassare i paletti del vivere civile, senza doverli imparare tra le mura di un carcere dove, purtroppo, avranno come compagno, forse, solo il rimorso per aver spezzato una vita per futili motivi.

A questo punto io vorrei solamente che il tempo corresse veloce per alleviare il dolore della famiglia Bembo, perché solo il tempo può essere d’aiuto.

La giustizia, dal canto suo, farà il suo corso, le condanne verranno emesse dagli organi giudiziari e serviranno a poco, perché non allevieranno nemmeno un centimetro di dolore né riporteranno in vita il giovane aggredito.

Quanto a noi altri, secondo me abbiamo unicamente il dovere di interrogarci su quello che ogni giorno diamo ai nostri figli in termini di educazione, di rispetto, di esempi e ringraziare la sorte o il Dio in cui crediamo se i nostri ragazzi hanno avuto la fortuna di non imbattersi sinora in giovani poco accondiscendenti, ma vestiti solo di aggressività e di vento. Perché a volte , è solo la fortuna che evita disgrazie a chicchessia.

Intanto, mentre elaboro la triste notizia della fine di questa giovane vita, alzo lo sguardo al cielo e noto che è diventato particolarmente bello, ha indossato un tramonto fatto di colori incantevoli.

Chissà, lo avrà fatto per accogliere al meglio Roberto!

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